CASERMA PIAVE, PALMANOVA, 16.03.1945

(Udine - Friuli-Venezia Giulia)

Descrizione

Località Caserma Piave, Palmanova, Udine, Friuli-Venezia Giulia

Data 16 marzo 1945 - 17 marzo 1945

Matrice strage Fascista

Numero vittime 1

Numero vittime uomini 1

Numero vittime uomini adulti 1

Descrizione: Romano Fumis “Aldo” tra il 15 e il 16 marzo si trovava in località La Fredda – Mortesins con lo scopo di incontrarsi con Natale Bujatti “Nansen”, come lui antifascista di lungo corso e uomo importantissimo per l’assetto politico ed organizzativo della Resistenza nella Bassa Friulana. I due stavano lavorando per individuare una zona adatta per organizzare i rifornimenti aerei quando vennero catturati da una pattuglia di ciclisti provenienti dalla Caserma “Piave” di Palmanova. Inizialmente nessuno riconobbe i due partigiani, nonostante si trattasse di due dei personaggi più ricercati della regione, ma, arrivati nei pressi delle celle della Caserma, un detenuto per sbaglio chiamò per nome Fumis, rivelando l’identità dei due arrestati ai loro carcerieri. Per entrambi a quel punto iniziò il calvario della tortura, applicata sistematicamente ai detenuti all’interno della struttura. Fumis morì poche ore dopo il suo arresto perché, a seguito delle torture subite, aveva inghiottito una capsula di stricnina, che teneva in tasca con lo scopo di avvelenarsi in caso di arresto per non rivelare alcuna

Modalità di uccisione: tortura a morte

Tipo di massacro: punitivo
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Estremi e note penali: Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen.
Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse.
Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni.
Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin.
Tribunale competente:
Corte d’Assise Straordinaria di Udine

Note sulla memoria (per maggiori informazioni vedi la sezione apposita): La memoria relativa alla morte di Romano Fumis “Aldo” è particolarmente radicata in regione, questo perché rappresentò uno degli eventi più drammatici per la resistenza del goriziano, in quanto coinvolse uno degli antifascisti più importanti della zona.

Scheda compilata da Irene Bolzon
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-10-11 22:34:11

Vittime

Elenco vittime

Fumis Romano \"Aldo\" di Pietro e Quargnali Luigia, nato a Ronchi dei Legionari il 24.8.1903, ivi residente, antifascista.

Elenco vittime partigiani 1

Fumis Romano \"Aldo\"

Responsabili o presunti responsabili

Elenco reparti responsabili


Elenco persone responsabili o presunte responsabili


  • Ernesto Ruggiero

    Nome Ernesto

    Cognome Ruggiero

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione. Il centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo. A testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre. Il centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.

    Note procedimento Tra i torturatori di Fumis, Bujatti avrebbe in sede processuale indicato Giovanni Turrin e Remigio Rebez, i quali eseguirono gli ordini ricevuti da Ernesto Ruggiero Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen. Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse. Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni. Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin. Tribunale competente: Corte d’Assise Straordinaria di Udine

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto 2. compagnia/1. battaglione/5. Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale

  • Giovanni Turrin

    Nome Giovanni

    Cognome Turrin

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione. Il centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo. A testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre. Il centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.

    Note procedimento Tra i torturatori di Fumis, Bujatti avrebbe in sede processuale indicato Giovanni Turrin e Remigio Rebez, i quali eseguirono gli ordini ricevuti da Ernesto Ruggiero Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen. Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse. Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni. Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin. Tribunale competente: Corte d’Assise Straordinaria di Udine

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto 2. compagnia/1. battaglione/5. Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale

  • Remigio Rebez

    Nome Remigio

    Cognome Rebez

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione. Il centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo. A testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre. Il centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.

    Note procedimento Tra i torturatori di Fumis, Bujatti avrebbe in sede processuale indicato Giovanni Turrin e Remigio Rebez, i quali eseguirono gli ordini ricevuti da Ernesto Ruggiero Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen. Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse. Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni. Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin. Tribunale competente: Corte d’Assise Straordinaria di Udine

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto 2. compagnia/1. battaglione/5. Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale

Memorie

Memorie legate a questa strage

  • museo a Caserma Piave di Palmanova

    Tipo di memoria: museo

    Ubicazione: Caserma Piave di Palmanova

    Descrizione: Presso la Caserma “Piave” di Palmanova, dove oggi sono ancora visibili quattro delle celle dove venivano eseguiti torture e interrogatori, per iniziativa del Comune, della Provincia di Udine e della Regione Friuli-Venezia Giulia è prevista la realizzazione del Museo Regionale della Resistenza. Nella parte esterna della Caserma è stata inoltre apposta una lapide in ricordo dei caduti riportante l’iscrizione “Qui, entro la cerchia della caserma “Piave” divenuta nel 1944 fino alla liberazione / del 1945, triste strumento di repressione e di morte al servizio dei nazifascisti, / centinaia di patrioti e di ostaggi furono costretti a immani sofferenze e supplizi / conclusisi per molti col martirio e con la morte. // Fra queste mura, uomini liberi e generosi in cospetto a torturatori e carnefici / seppero patire e morire affinché la prepotenza straniera e la oppressione interna / non dovessero più contaminare queste terre. // A monito e ammaestramento delle nuove generazioni // Il comune di Palmanova e l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia.\"

  • luogo della memoria a Ronchi dei Legionari

    Tipo di memoria: luogo della memoria

    Ubicazione: Ronchi dei Legionari

    Descrizione: A Romano Fumis è intitolato un piazzale a Ronchi dei Legionari

Bibliografia


Irene Bolzon, Repressione antipartigiana in Friuli. La Caserma “Piave” di Palmanova e i processi del dopoguerra, Kappa Vu, Udine, 2012.
Alberto Buvoli, Franco Cecotti e Luciano Patat (a cura di), Atlante storico della lotta di liberazione italiana nel Friuli Venezia Giulia. Una resistenza di confine 1943-1945, IRSML, IFSML, Istlib Pordenone, Centro Isontino di Ricerca Leopoldo Gasparini, Trieste-Udine-Pordenone-Gradisca, 2005.
Bruno Da Col "Rolando", L'intendenza "Montes" e i gruppi di azione patriottica del Monfalconese e della Bassa friulana, IFSML, Udine, 1994.
Pierluigi Visintin, Romano il Mancino e i Diavoli rossi, Kappa Vu, Udine, 2002.

Sitografia


http://www.anpi.it/donne-e-uomini/romano-fumis/

Fonti archivistiche

Fonti

Archivio di Stato di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen.