Descrizione
Località Campanile di Santa Maria in Fabriago, Lugo, Ravenna, Emilia-Romagna
Data 11 agosto 1944
Matrice strage Nazifascista
Numero vittime 9
Numero vittime uomini 9
Numero vittime uomini ragazzi 1
Numero vittime uomini adulti 8
Descrizione: In agosto la popolazione mostra chiarissimi segni di insofferenza per il protrarsi della guerra. L’8 del mese Buffarini mette al corrente il duce di un suo colloquio con l’ambasciatore Rahn sulla situazione agricola di Ravenna, facendogli presente che sul raccolto granario dell’annata che aveva raggiunto 1.600.000 q.li le truppe tedesche prelevano 1.000 q.li al giorno; che esiste una produzione eccezionale di barbabietole di 3.000. 000 di q.li che andrà per i due terzi perduta per mancanza di carbone; che anche la frutta andrà perduta per mancanza di mezzi di trasporto dato che la prefettura ha un solo camion a disposizione. Nella stessa circostanza Buffarini fa «poi presente all’ambasciatore Rahn quanto avv[iene] in Romagna ad opera delle truppe operanti (saccheggi, furti, violenze ecc.)». Buffarini prosegue nella sua relazione al duce in questo modo: «[Rahn] mi ha detto che farà tutto presente al maresciallo Kesselring e mi ha pregato di riferirvi che avendo voi probabilmente occasione di vedere quest’ultimo vi compiacciate di rappresentarlo anche direttamente allo stesso».
Il 1° settembre il capo della provincia Grazioli ravvisa un miglioramento nei rapporti con le truppe tedesche ma di fatto, nei confronti della popolazione, queste proseguono le razzie. Pur contraddicendosi Grazioli deve ammettere che «il comando militare germanico di Piazza praticamente non conta nulla perché i reparti fanno quello che vogliono. Mancando quindi un’autorità di indirizzo ogni comandante di presidio germanico si regola come meglio crede. Ad esempio si timbrano le carte di identità presso i comandi germanici, previo pagamento di una somma che va da 5 a 20 lire, a seconda delle disposizioni dei vari comandanti. Tale timbro non vale nulla perché poi nei rastrellamenti chi ne è in possesso viene ugualmente fermato e portato al lavoro obbligatorio».
Se in agosto è ormai inequivocabile che i tedeschi usano la popolazione italiana come strumento strategico per proseguire la guerra e non si fanno scrupoli ad attuare i terribili bandi di Kesselring, è altresì chiaro che i primi a farsi scudo di queste disposizioni sono gli stessi fascisti.
Da giugno a settembre si assiste ad un aumento dei casi di strage e omicidio mentre le azioni partigiane in luglio, agosto e settembre restano attorno alle 200 mensili, per dimezzarsi in ottobre.
In agosto, in seguito all’avvicinarsi del fronte, il CUMER ordina l’intensificazione delle azioni di sabotaggio soprattutto per quanto riguarda le vie di comunicazione stradali e ferroviarie. Per i tedeschi diviene quindi costante il problema delle retrovie sicure al fine non solo di garantire rifornimenti di ogni genere, ma anche allo scopo di assicurarsi una veloce via di fuga. Sempre all’inizio di agosto, il CUMER incita all’uccisione degli «invasori», evidenziando come esistano ancora reparti che «evitano sistematicamente il combattimento con i tedeschi» anche laddove è possibile arrecare loro molte più perdite di quelle che i partigiani potrebbero subire». In merito a quest’ultimo punto, il CUMER sostiene che è estremamente strategico generalizzare la lotta contro il tedesco, perché solo in questo modo il nemico si renderà conto che le rappresaglie producono effetti contrari e inaspriscono la popolazione più che terrorizzarla. Allo stesso tempo, colpire i tedeschi significa colpire anche i fascisti i quali compiono crimini efferati a seguito della protezione tedesca.
In questo contesto si inserisce la strage dell'11 agosto.
L’11 agosto 1944, in seguito all’uccisione di un soldato tedesco in via Viola nella frazione di Santa Maria in Fabriago, è decretata una vasta azione di rappresaglia che sarà attuata previa un rastrellamento.
Nel tardo pomeriggio la casa di Fosca Bernardi e Lino Bacchilega viene circondata da un centinaio di militi tra GNR e tedeschi. Alcuni di loro, tra i quali Livio Calbucci, procedono alla perquisizione. Non trovandovi nessun «ribelle», prelevano tutti i beni al suo interno e decidono di incendiarla dopo averne portato via gli abitanti, Fosca e Lino. Costoro sono i primi a salire sul camion dei rastrellati. Dopo un breve tratto di strada vedono i soldati tedeschi scendere dal camion e dividersi in gruppi per eseguire il rastrellamento. Liliana Patuelli ne scorge una squadra, mista a GNR, dirigersi verso la propria abitazione. Questi fermano suo fratello e suo padre il quale chiede ad un fascista di sua conoscenza di lasciarli andare. Il fascista lo rassicura dicendogli che sarebbero rientrati la sera stessa.
Sono le 16 quando un’altra squadra si presenta a casa Sironi dove si sta trebbiando il grano sull’aia. Tutti gli uomini presenti sono fermati e condotti in via Viola dove alla presenza di un ufficiale tedesco sono loro chieste informazioni sugli autori dell’agguato. Siccome gli uomini non rispondono, vengono caricati sul camion. In quel momento giunge un capitano tedesco che, riconosciuto Antonio Sironi, lo rimanda a casa.
Alle 18 la squadra si sposta a casa Bartolotti dove la famiglia è riunita a cena. Catturano il padre Angelo e il figlio Paolo e conducono anche loro in via Viola.
Complessivamente i rastrellatori radunano in via Viola una sessantina di persone fra le quali vecchi e bambini. Chiamano in disparte i titolari della tessera di iscrizione al fascio repubblicano e li mandano a casa. Dopodiché scelgono tra i rimanenti nove persone, tra le quali due ragazzi sedicenni, e le caricano sul camion insieme a Lino e Fosca. Arrivato davanti al cimitero di Campanile il camion si ferma. I tedeschi e i fascisti scendono e formano un plotone d’esecuzione. Fosca, l’unica donna rastrellata, viene fatta scendere e posta per prima dinnanzi alla schiera di militari. Le viene intimato di parlare, ma lei resta in silenzio. Calbucci la volge con le spalle al plotone per qualche minuto, dopodiché la prende e la porta dietro il camion. A questo punto sono fatti scendere gli altri dieci arrestati. Lino è dei loro ma per l’intervento di un sergente della brigata nera viene fatto risalire sul camion.
Il plotone spara. Angelo Bartolotti, Paolo Bartolotti, Antonio Geminiani, Giovanni Giovannini, Giulio Guardigli, Domenico Pattuelli, Renzo Patuelli, Angelo Stiroli e Vincenzo Venturini muoiono.
Dopo la fucilazione i componenti del plotone si stringono la mano. Fosca e Lino sono condotti nella caserma del comando tedesco a Conselice e qui sottoposti, per tre giorni, a lunghi interrogatori.
Lo scontro a fuoco in cui rimane ucciso un soldato tedesco non è frutto di un'azione partigiana premeditata. Infatti la squadra partigiana coinvolta si stava trasferendo da Giovecca e Fusignano, preceduta dalla staffetta Elsa Costa. A causa del buio pesto si imbatte in un drappello di soldati tedeschi e nel tentativo di sganciarsi, la squadra ne ferisce due e uccide uno. I partigiani si rifugiano nel "buco" di casa Pignata, uno zio del capo squadra Costa.
Modalità di uccisione: fucilazione
Violenze connesse: furto e-o saccheggio,incendio di abitazione
Trattamento dei cadaveri: Esposizione dei cadaveri
Tipo di massacro: rappresaglia
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Estremi e note penali: Calbucci Livio, imputato di aver collaborato col tedesco invasore per aver [oltretutto] partecipato al rastrellamento di S. Maria in Fabriago e all’uccisione di nove persone ivi catturate. Con sentenza del 19/06/1946 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli nei limiti di cui alla sentenza, in concorso delle circostanze di cui all’art. 62 bis CP e lo condanna a 30 anni di reclusione, a 4 anni di libertà vigilata, alle spese processuali e alle altre conseguenze di legge. Ordina la confisca dei beni del condannato.
La Corte di Assise di Ravenna con declaratoria emessa il Camera di consiglio il 18/10/46 ha condonato 10 anni della pena detentiva inflitta al Calbucci. Con declaratoria 11/02/50 della Corte d’Appello a favore di Calbucci Livio, ulteriormente condonato un anno determinando la nuova scadenza di pena il 21/12/54.
Fontana Antonio, imputato di aver collaborato col tedesco invasore per aver [oltretutto] aver partecipato a vari rastrellamenti nonché all’eccidio di S. Maria in Fabriago. Con sentenza del 16/10/1946 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli in concorso delle circostanze di cui l’art. 62 bis CP e lo condanna ad anni 24 di reclusione, alle spese processuali e alle altre conseguenze di legge. Dichiara condonato un terzo di detta pena. Ordina la confisca della metà dei suoi beni. La Corte di Cassazione con sentenza 8.7.47 dichiara estinto il reato per amnistia e annulla senza rinvio la sentenza.
Garotti Dino, imputato di aver collaborato col tedesco invasore per aver [oltretutto] aver partecipato al rastrellamento nonché all’eccidio di S. Maria in Fabriago. Con sentenza del 28/05/1946 la corte lo giudica colpevole del reato attribuitogli nei limiti della sentenza e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina la pubblicazione della sentenza per una volta e per estratto ne “Il Giornale dell’Emilia” di Bologna e ne “La Voce di Romagna” di qui e la confisca dei beni del condannato. Sent. 24.10.1946 della Suprema Corte di Cassazione annulla la suestesa sentenza e rinvia il giudizio alla Corte d’Assise sez speciale di Bologna.
Camanzi Amedeo, imputato di aver collaborato col tedesco invasore per aver [oltretutto] aver partecipato al rastrellamento di S. Maria in Fabriago. Con sentenza del 30/10/1946 la corte lo giudica colpevole del reato attribuitogli ma non del capo di imputazione suddetto per mancanze di prove e lo condanna alla pena della reclusione per anni 15 e al pagamento delle spese. Ordina la confisca della totalità dei beni del Camanzi. Visti gli art. 9 e 10 D.P 22.6.46 n.4 dichiara condonati anni cinque della pena come sopra inflitta.
Con sentenza in data 20.8.47 la Corte di Cassazione dichiara estinto il reato per amnistia ed annulla senza rinvio la sentenza.
Tribunale competente:
Tribunale di Ravenna - Corte d'Assise straordinaria fino alla sentenza del 15 gennaio 1946 e Sezione speciale della Corte d'Assise dalla sentenza del 17 gennaio 1946.
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-08-03 21:00:26
Vittime
Elenco vittime
1. Bartolotti Angelo di 50 anni, padre di Paolo, muratore
2. Bartolotti Paolo di 17 anni, muratore
3. Geminiani Antonio di 37 anni, pastore
4. Giovannini Giovanni di 37 anni, meccanico
5. Guardigli Giulio di 54 anni, operaio
6. Pattuelli Domenico di 51 anni, padre di Renzo,
7. Patuelli Renzo di 16 anni,
8. Stiroli Angelo di 35 anni, contadino
9. Venturini Vincenzo di 54 anni, muratore
Elenco vittime civili 9
Bartolotti Angelo,
Bartolotti Paolo,
Geminiani Antonio,
Giovannini Giovanni,
Guardigli Giulio,
Pattuelli Domenico,
Patuelli Renzo,
Stiroli Angelo,
Venturini Vincenzo,
Responsabili o presunti responsabili
Elenco reparti responsabili
Elenco persone responsabili o presunte responsabili
Antonio Fontana
Nome Antonio
Cognome Fontana
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Fontana Antonio è il comandante del presidio della Guardia Nazionale di Conselice.
Note procedimento Fontana Antonio, imputato di aver collaborato col tedesco invasore per aver [oltretutto] aver partecipato a vari rastrellamenti nonché all’eccidio di S. Maria in Fabriago. Con sentenza del 16/10/1946 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli in concorso delle circostanze di cui l’art. 62 bis CP e lo condanna ad anni 24 di reclusione, alle spese processuali e alle altre conseguenze di legge. Dichiara condonato un terzo di detta pena. Ordina la confisca della metà dei suoi beni. La Corte di Cassazione con sentenza 8.7.47 dichiara estinto il reato per amnistia e annulla senza rinvio la sentenza.
Dino Garotti
Nome Dino
Cognome Garotti
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Garotti Dino, giudicato colpevole del reato ascrittogli.
Note procedimento Garotti Dino, imputato di aver collaborato col tedesco invasore per aver [oltretutto] aver partecipato al rastrellamento nonché all’eccidio di S. Maria in Fabriago. Con sentenza del 28/05/1946 la corte lo giudica colpevole del reato attribuitogli nei limiti della sentenza e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina la pubblicazione della sentenza per una volta e per estratto ne “Il Giornale dell’Emilia” di Bologna e ne “La Voce di Romagna” di qui e la confisca dei beni del condannato. Sent. 24.10.1946 della Suprema Corte di Cassazione annulla la suestesa sentenza e rinvia il giudizio alla Corte d’Assise sez speciale di Bologna.
Livio Calbucci
Nome Livio
Cognome Calbucci
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Calbucci Livio, giudicato colpevole del reato ascrittogli.
Note procedimento Calbucci Livio, imputato di aver collaborato col tedesco invasore per aver [oltretutto] partecipato al rastrellamento di S. Maria in Fabriago e all’uccisione di nove persone ivi catturate. Con sentenza del 19/06/1946 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli nei limiti di cui alla sentenza, in concorso delle circostanze di cui all’art. 62 bis CP e lo condanna a 30 anni di reclusione, a 4 anni di libertà vigilata, alle spese processuali e alle altre conseguenze di legge. Ordina la confisca dei beni del condannato. La Corte di Assise di Ravenna con declaratoria emessa il Camera di consiglio il 18/10/46 ha condonato 10 anni della pena detentiva inflitta al Calbucci. Con declaratoria 11/02/50 della Corte d’Appello a favore di Calbucci Livio, ulteriormente condonato un anno determinando la nuova scadenza di pena il 21/12/54.
Memorie
Memorie legate a questa strage
lapide a Campanile, Santa Maria in Fabriago, Lugo
Tipo di memoria: lapide
Ubicazione: Campanile, Santa Maria in Fabriago, Lugo
Descrizione: Lapide posta a Ca’ di Lugo, in località Campanile presso le mura del cimitero.