EREMO DEL BEATO ANGELO GUALDO TADINO 17.06.1944

(Perugia - Umbria)

Descrizione

Località Eremo del Beato Angelo, Gualdo Tadino, Perugia, Umbria

Data 17 giugno 1944

Matrice strage Nazista

Numero vittime 2

Numero vittime uomini 2

Numero vittime uomini adulti 2

Descrizione: A Gualdo Tadino, subito dopo l’8 settembre 1943, si costituì un forte nucleo partigiano (Gruppo di Azione Antifascista Gualdese), sorto presso l’Istituto Salesiano (si riunivano in una stanza vicino alla sacrestia della Chiesa dell’oratorio), per iniziativa di Vincenzo Morichini, gruppo che comprendeva Giovanni Pascucci, Arivio Gherardi, Spartaco Casciola, don Felice Pennelli. Poco dopo si ebbero le adesioni di Domenico Tittarelli, Carlo Luzi, Alessandro De Pretis, Luigi Girelli; poi di Francesco Guerra, Manlio Casciola, Mario Fernando Rosi, Vito Tomassini, Brunello Troni e altri. All’inizio si consideravano un “Gruppo di consultazione, d’informazione e d’assistenza”. Dietro la copertura di fare attività filodrammatica, le riunioni presso i Salesiani servivano per coordinare l’attività di diversi gruppi antifascisti sparsi nelle frazioni e sui monti soprastanti. Gli aiuti in denaro (consistenti somme date dalle persone benestanti) e in cibi vari, che arrivavano presso i Salesiani, – con la copertura che tutto serviva per gli studenti interni dell’Istituto – venivano distribuiti di nascosto alle famiglie più povere, e costituivano pure la base di rifornimento per i gruppi partigiani sui monti. Questi gruppi di Gualdo Tadino e delle zone vicine si collegarono con la Brigata Garibaldi di Foligno, aggregandosi a questa. Già dall’ottobre 1943 il movimento partigiano della zona di Gualdo Tadino entrò in possesso di armi, dopo assalti ai depositi dei tedeschi e alla caserma dei carabinieri. Furono queste operazioni militari che indussero i tedeschi a dare una caccia spietata ai partigiani, anche grazie alla fattiva collaborazione dei fascisti repubblicani locali. Complessivamente i partigiani della zona non erano molti, ma con le loro azioni riuscirono a far credere al Comando tedesco di essere tanti. Nel marzo 1944 anche in questa zona i reparti tedeschi attuarono un giro di vite con le proprie forze militari disponibili in loco, accentuando i rastrellamenti. Proprio a marzo in montagna fu catturato il partigiano Giulio Sorgo. Il comando tedesco decise di impiccarlo con un capestro dal balcone del Municipio. Quando tutto era pronto e si stava per dare via all’esecuzione, intervenne il dottor Gaudenzi, che convinse il comando tedesco a non dare seguito alla crudele esecuzione e Sorgo fu liberato. Molta impressione fece presso la popolazione la fucilazione del partigiano Otello Sordi, il 26 marzo 1944, senza alcun processo.
Tra aprile e maggio il movimento partigiano a Gualdo andò rafforzandosi anche per le simpatie e il favore che raccolse negli stessi ambienti militari della GNR. Poi a fine maggio un duro colpo venne assestato al movimento, poiché due partigiani, a capo del gruppo «La volante», furono uccisi in una imboscata messa in atto dai fascisti locali in collegamento con quelli provinciali.
A metà giugno, quando ormai si era nell’imminenza del passaggio del fronte – Foligno fu liberata il 16 giugno – e le stesse strutture locali della GNR erano fuggite verso il nord, il presidio di militari tedeschi si dette a catturare inermi cittadini prendendoli per partigiani o per persone che stavano dando un forte sostegno al movimento partigiano.
Infatti nella mattina del 17 giugno militari tedeschi con moto a autoblindo, verso via del Fosso (ora Via della Resistenza), nei pressi del vecchio mattatoio, bloccavano, perquisivano e catturavano sei cittadini di Gualdo (Fernando Baglioni, Filiberto Berardi, Antonio Bori, Nello Garofoli, Paolino Micheletti e Claudio Sabbatini), sospettando che fossero partigiani. Cos’era avvenuto? Le prime cinque persone citate si erano incontrate sotto l’arco di porta San Benedetto, poiché abitavano lì vicino. Avendo visto che presso la Monina (vecchia fabbrica di mattoni nei pressi dell’incrocio con la strada statale Flaminia) stavano bruciando e distruggendo dei materiali, tra cui vecchi fucili, vecchie armi in disuso (si ricordi che la GNR a Gualdo si era sciolta e le persone erano fuggite o si erano trasferite al nord), si recarono per curiosità alla Monina e lì presero qualche pezzo smontato di tali vecchi fucili (sembra che questo materiale poi al ritorno lo abbiano nascosto in un orto pensile vicino all’abitazione di Berardi). Sembra anche che i movimenti di queste cinque persone fossero tenuti sotto controllo da Villa Testa, una palazzina ove aveva sede il Comando tedesco. Sembra che con il cannocchiale i tedeschi li abbiano visti che imbracciavano fucili e sembra che nelle perquisizioni a Baglioni e Bori abbiano trovato in tasca delle cartucce da fucile, che essi avevano recuperato alla Monina. I sei, catturati, furono portati al Comando tedesco a Villa Testa e sottoposti ad interrogatori. I tedeschi sospettavano che fossero dei partigiani e chiedevano dove fossero nascosti i partigiani, quale armi avessero, chi li rifornisse. A tali domande, i sei catturati non erano in grado di rispondere. Ad un certo punto alcuni di essi (tra cui Baglioni) furono portati a spingere un camion tedesco che si era bloccato vicino alla palestra della GIL. Finita questa operazione, mentre Paolino Micheletti scappò via e andò a nascondersi, gli altri – tra cui Baglioni – rientrarono presso il Comando tedesco: forse si sentivano sicuri della propria condotta e non potevano prevedere quello che sarebbe accaduto a due di loro. Sollecitato da qualche familiare dei catturati, arrivò anche il dottor Gaudenzi, medico che aveva buoni rapporti con i tedeschi e che cercò di dissuadere il Comando tedesco dal procedere a qualche fucilazione, spiegando che i catturati non avevano rapporti con la Resistenza. Tra l’altro Antonio Bori, fortemente claudicante, per camminare si appoggiava ad un bastone e non poteva certo aspirare a svolgere attività di partigiano. Poi nel pomeriggio, tre di loro (Berardi, Garofoli e Sabbatici) furono trasferiti in un’altra stanza e fu dato loro anche un sigaro da fumare, mentre Baglioni e Bori furono portati via. Di fuori ai familiari, che erano ansiosi in attesa, fu impedito di avvicinarsi: li videro uscire scortati dai soldati tedeschi, furono caricati su una camionetta, che si diresse in un luogo non molto distante. Presso l’Eremo del Beato Angelo, un luogo sacro e importante per tutti gli abitanti di Gualdo Tadino, furono uccisi e lì messi in una fossa avvolti in un lenzuolo.
Gli altri tre, intorno a mezzanotte, furono rilasciati e poterono tornare alle proprie case.
L’uccisione dei due civili sopra indicati fu una violenza senza alcuna ragione - e quindi un crimine – una violenza spietata e dura, come aveva raccomandato Kesselring in quei giorni, senza che fosse accertata in modo adeguato la fondatezza delle colpe attribuite agli uomini catturati. Questo atteggiamento duro e spietato fu mantenuto dai militari tedeschi a Gualdo Tadino anche nei giorni successivi, tanto che altri crimini verranno commessi.

Modalità di uccisione: fucilazione

Tipo di massacro: punitivo
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Annotazioni: Sintomatico dello stato di arbitrio e dell’assenza di un potere civile riconosciuto può essere il fatto che l’atto di morte di Baglioni e Bori fu steso e inserito nel registro degli atti di morte in data 25 settembre 1944. In situazioni analoghe, come era avvenuto per l’uccisione dei partigiani a Cerqueto il 24 aprile 1944, era stato il Comandante della locale GNR a comunicare all’Ufficiale dello Stato civile del Comune la fucilazione, la morte e il rinvenimento dei cadaveri. Per l’uccisione di Baglioni e Bori, dal momento che alla data del 17 giugno la GNR a Gualdo non c’era più, la comunicazione della morte e del rinvenimento dei loro cadaveri venne fatta il 15 luglio 1944 all’Ufficiale dello Stato civile da parte del «Comandante del movimento di Liberazione Nazionale “Brigata Garibaldi”, Sezione di Gualdo Tadino, sig. Aldo Grassi».

Note sulla memoria (per maggiori informazioni vedi la sezione apposita): Questo e gli altri episodi in cui furono uccisi patrioti e civili sono ben vivi nella memoria dei cittadini di Gualdo.

Scheda compilata da Giancarlo Pellegrini
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-01-31 17:07:35

Vittime

Elenco vittime

Baglioni Fernando, nato a Gualdo Tadino il 23/05/1907 e ivi residente, autista, coniugato con Italia Franceschini.
Bori Antonio, nato a Gualdo Tadino il 02/01/1920 e ivi residente, pittore, celibe.

Elenco vittime legate a partigiani 2

Baglioni Fernando.
Bori Antonio.

Responsabili o presunti responsabili

Elenco reparti responsabili


Memorie

Memorie legate a questa strage

  • lapide a Gualdo Tadino, Eremo del Beato Angelo

    Tipo di memoria: lapide

    Ubicazione: Gualdo Tadino, Eremo del Beato Angelo

    Descrizione: A Gualdo Tadino, presso l’Eremo del Beato Angelo, sul luogo dove furono uccisi Antonio Bori e Fernando Baglioni, è stata posta una lapide: «Qui / cadevano / il 17.6.1944 / vittime della / barbarie teutonica / i patrioti / Baglioni Fernando / e Bori Antonio / martire della / patria / e della libertà».

Bibliografia


Mario Anderlini, Piazza Martiri della Libertà, Editrice Radio Tadino, Gualdo Tadino, 2004, pp. 38-43, 63-71, 79-85, 88-95, 124-132, 149-154.
Angelo Bitti, La guerra ai civili in Umbria (1943-1944), Editoriale Umbra/Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea, Foligno/Perugia, 2007, p.183.
Tommaso Rossi, Tracce di memoria. Guida ai luoghi della Resistenza e degli eccidi nazifascisti in Umbria, Editoriale Umbra/Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea, Foligno/Perugia, 2013, p. 425-427.

Sitografia


Fonti archivistiche

Fonti