Torre Maina, Maranello, 11.04.1945

(Modena - Emilia-Romagna)

Descrizione

Località Torre Maina, Maranello, Modena, Emilia-Romagna

Data 11 aprile 1945

Matrice strage Nazifascista

Numero vittime 4

Numero vittime uomini 4

Numero vittime uomini adulti 4

Descrizione: All’inizio di aprile del 1945 le sorti della guerra sono segnate: diversi fascisti della provincia di Modena cercano contatti con i partigiani per avere salva la vita, ma gli elementi più intransigenti non smettono di illudersi nel riscatto del vecchio Asse o di combattere per sottoporre l’Italia al lavacro del sangue. Nel territorio di Torre Maina si verificano alcuni degli ultimi scontri armati di notevole rilevanza che caratterizzano l’esperienza di guerra della provincia modenese. Il 3 aprile 1945 la Brigata “Stop” subisce un attacco congiunto di tedeschi e fascisti ed è costretta a reagire partendo da una posizione piuttosto scomoda: il comandante Chiaffredo Cassiani, nome di battaglia “Stop”, viene ucciso nel corso dello scontro. Otto giorni dopo la violenza torna a investire il territorio della frazione collinare di Maranello: in un nuovo combattimento fra i partigiani e le forze di occupazione trova la morte Emilio Lugari, mentre tre membri della famiglia Pini e Cesare Montanari vengono catturati e fucilati al termine delle ostilità.

Modalità di uccisione: fucilazione

Tipo di massacro: rastrellamento
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Estremi e note penali: Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci.
1. Primo Grado: “[La corte] dichiara Galli Gino, Nespoli Antonio, Piva Bruno, Sacchetti Renato colpevoli del reato di collaborazionismo a loro ascritto nonché del delitto di omicidio aggravato continuato, il Galli inoltre, di quello di rapina aggravata continuata, e concessa l’attenuante dell’art. 62 bis C.P., condanna ciascuno di essi alla pena dell’ergastolo, con accessori di legge, il Galli in più della multa di £5000, tutti alla confisca dei beni, al pagamento in solido delle spese processuali; il Piva anche al risarcimento dei danni a favore di Luppi Silvio costituito parte civile, liquidati, secondo la richiesta in lire una, nonché alle spese di assistenza e costituzione in £10.096. Dichiara Ragni Amanzio colpevole di collaborazionismo punibile ai sensi dell’art. 58 CP MG nonché di furto aggravato continuato, e concesse le attenuanti dell’art. 62 bis C.P. per ambedue dell’art. 114 C.P. per il primo reato, lo condanna alla pena di anni sei di reclusione £2000 di multa, inoltre alla confisca nella misura di un terzo dei beni, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed al pagamento delle spese in solido con gli altri. Dichiara condonate in anni trenta di reclusione la pena dell’ergastolo, nella misura di anni cinque quella detentiva inflitta al Ragni ed interamente le pene pecuniarie. Dichiara non doversi procedere nei confronti di Sacchetti Guido, Geraci Calogero per essere estinto il reato causa amnistia, e ne ordina la scarcerazione se non detenuti per altro motivo. Modena, 27 marzo 1947.”
2. Sentenza 1/3/1949 CASSAZIONE: sostituisce alla pena dell’ergastolo inflitta a Sacchetti, quella di 30 anni di reclusione. Annulla la sentenza a) nei riguardi di Nespoli per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante di cui all’art. 112 CP per l’omicidio e per errore nella determinazione della pena. b) nei confronti di Galli Gino e Piva Bruno per difetto di motivazione sulla ritenuta aggravante della crudeltà e per errore nella determinazione della pena. Rigetta nel resto e rinvia la causa alla Corte di Assise di Perugia per il nuovo giudizio sui punti oggetto di annullamento nei riguardi del Nespoli, Galli e Piva. Modena, 9/5/1949 f. Ferrari.
3. Sentenza 26/4/1950 CORTE DI ASSISE IN PERUGIA: determina la pena per l’omicidio aggravato pel numero delle persone ed in concorso delle attenuanti generiche, e continuato, in anni 24 di reclusione ed aperto il cumulo con la pena di anni 30 di reclusione inflitta al Nespoli, al Galli ed al Piva per collaborazionismo militare determina in anni 30 di reclusione la pena complessiva da espiarsi da ciascuno dei 3 imputati assorbita in detta pena anche quella della reclusione inflitta al Galli per la rapina. Condanna gli imputati stessi in solido, al pagamento delle spese processuali, escluse quelle del giudizio di Cassazione. Dichiara condonati anni 21 di reclusione e le multe irrogate [sic] per la rapina a favore del detenuto Galli Gino. Modena, 27/8/1951, f. Pirolo.
DECLARATORIA 14/11/1952: dichiara condizionalmente condonata la residua pena di anni 1 di reclusione inflitta al Ragni Amanzio. Modena, 25/11/1952, f. Pirolo.

Scheda compilata da Daniel Degli Esposti
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2015-12-07 11:14:07

Vittime

Elenco vittime

1. Cesare Montanari: nato a Torre Maina (MO) il 20 aprile 1916, figlio di Alfredo e Cesira Costanzini, residente a Modena, partigiano. Il 6 agosto 1944 entra nella Brigata “Walter Tabacchi” con il nome di battaglia “Baiocco”. L’11 aprile 1945 rimane vittima del rastrellamento che segue lo scontro armato di Torre Maina.
2. Giuseppe Pini: nato a Maranello (MO) il 14 febbraio 1914, figlio di Ermenegildo e Marcellina Cigarini, residente a Modena, contadino, partigiano. Zio dei fratelli Onelio e Giuseppe Pini, mantiene forti contatti con le genti di Torre Maina e il 1 ottobre 1944 entra nella Brigata “Italia” con il nome di battaglia “Beppe”. Quando i fascisti minacciano l’omonimo nipote Giuseppe, decide di nasconderlo nella casa della frazione di Maranello. L’11 aprile 1945 rimane vittima del rastrellamento che segue lo scontro armato di Torre Maina.
3. Giuseppe Pini: nato a Modena il 12 maggio 1925, figlio di Remo e Concetta Uguzzoni, residente a Villavara di Bomporto con la sua numerosa famiglia, partigiano. Fratello di Onelio, rifiuta la leva della Repubblica Sociale e si trasferisce nella casa dell’omonimo zio a Torre Maina. Dopo un periodo di piccole collaborazioni clandestine, il 12 settembre 1944 entra nella Brigata “Zoello Monari”, ma l’11 aprile 1945 viene scoperto e fucilato sommariamente insieme al fratello Onelio.
4. Onelio Pini: nato a Navicello di Nonantola (MO) l’8 settembre 1921, figlio di Remo e Concetta Uguzzoni, residente a Villavara di Bomporto con la sua numerosa famiglia, partigiano. Vive l’esperienza del secondo conflitto mondiale tra le file del 6° Reggimento d’Artiglieria Campale ed è sorpreso dall’armistizio mentre si trova nella caserma modenese di via Emilia Ovest; sfuggito alla cattura dei tedeschi, comincia a collaborare con la Brigata “Zoello Monari”. L’8 settembre 1944 entra nella Brigata “Mario” e diventa capo di una formazione con oltre 15 uomini. Ricercato, si rifugia presso lo zio a Torre Maina, ma l’11 aprile 1945 è scoperto e fucilato insieme al fratello Giuseppe.

Elenco vittime partigiani 4

Cesare Montanari,
Giuseppe Pini,
Giuseppe Pini,
Onelio Pini

Responsabili o presunti responsabili

Elenco reparti responsabili


114. Jäger-Division

Tipo di reparto: Wehrmacht
Appartenenza: Heer Wehrmacht

42. Comando Militare Provinciale/GNR di Modena

Tipo di reparto: Guardia Nazionale Repubblicana

Compagnia Ordine Pubblico/42. Comando militare provinciale/GNR di Modena

Tipo di reparto: Guardia Nazionale Repubblicana

Elenco persone responsabili o presunte responsabili


  • Antonio Nespoli

    Nome Antonio

    Cognome Nespoli

    Ruolo nella strage Collaboratore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Nato a Ostellato (FE) il 19 gennaio 1909, figlio di Emilio e Luigia Bertocchi, contumace. Comanda il nucleo dell’UPI che rivolge le proprie attenzioni verso l’interno, soprintendendo alla determinazione dei reparti e alla detenzione degli ostaggi. Non è provato il coinvolgimento materiale nell’episodio, ma la partecipazione di uomini dell’UPI agli atti di violenza lo inserisce nelle indagini come promotore dell’ordine o, quantomeno, responsabile indiretto. --------- Verbale del Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci, in ASMO CAS (1946) – Nespoli, Piva, Galli, Sacchetti e altri – CAS MO. “[Renato Sacchetti, Antonio Nespoli e Bruno Piva sono accusati] per aver l\'11-4-1945 i primi due assieme ad elementi dell\'UPI ed il Piva capeggiando elementi dell\'OP proceduto con tedeschi ad un rastrellamento a Torre Maina durante il quale furono arrestati ed uccisi partigiani, saccheggiate e distrutte tre case e due incendiate”. Questura di Modena, Denuncia contro Artico Sandonà, in ASMO CAS (1946) – Sandonà – CAS MO. “Ma il completamento della triste attività del Sandonà è il rastrellamento dell\'11 aprile 1944 [recte 1945] in località di Torre Maina e dintorni. In quell\'occasione egli dirigeva l\'operazione per la sua conoscenza del luogo e delle persone. Il Sandonà, che indossava gradi da tenente, è stato denunciato da varie persone residenti in quella località. Cavedoni Maria Teresa in Severi, di Lorenzo e di Pezzuoli Maria, nata a Maranello il 30 agosto 1912, denuncia il Sandonà per averle perquisita la casa impossessandosi di un anello d\'oro, una collana di corallo, una volpe argentata, un apparecchio radio, due biciclette, una sveglia, vari capi di biancheria, scarpe da uomo, indumenti personali e procedendo altresì all\'arresto, dopo averlo schiaffeggiato e percosso, il marito di lei [sic]. Denuncia infine che il Sandonà non è completamente estraneo alla demolizione della sua casa fatta saltare mediante lo scoppio di una mina. Gibertini Fernando fu Faustino e Olivieri Luigia, nato a Maranello l\'11 settembre 1888, residente a Torre Maina di Maranello, accusa il Sandonà di essere responsabile del maltrattamento usatogli dai militi da lui comandati in occasione del rastrellamento operato. Gibertini Elena di Ferdinando, nata a Maranello il 24 giugno 1920, residente in località Torre Maina (Maranello), asserisce di aver conosciuto il Sandonà Artico quando costui frequentava Torre Maina come partigiano e di averlo visto nuovamente il giorno 11 aprile 1945 in occasione del rastrellamento. Verso le ore 6.30 del mattino, il predetto Sandonà si presentava in casa sua, esigendo da lei e dai suoi genitori la consegna immediata del fratello Elvino e delle sue armi. Poiché sia lei che i genitori risposero di non conoscere il recapito del ricercato e di essere privi di sue notizie, a tale risposta il Sandonà diede loro alcuni minuti di tempo onde riflettere circa la richiesta da lui fatta, allontanandosi successivamente in direzione di casa rossa per procedere all\'arresto di un certo Capitano. Trascorso il termine anzicennato [sic], si presentarono in casa cinque o sei militi, i quali, come il loro comandante, chiesero di Elvino, ma poiché costui ebbe la possibilità di nascondersi tempestivamente, i predetti procedettero all\'arresto del padre, dopo averlo violentemente percosso, conducendolo nei pressi del fiume Tiepido per fucilarlo. Il Gibertini poté essere salvato grazie all\'intervento di alcune povere donne, che invocarono insistentemente i militi di desistere dal loro proposito. Don Orlandi Giuseppe, parroco di Torre Maina, denuncia il Sandonà per avere, in occasione del rastrellamento, saccheggiato la Canonica e dichiara inoltre di essere stato prelevato in canonica stessa e condotto nei pressi del fiume Tiepido per essere fucilato. Uno dei militi che lo scortavano, giunti nei pressi del fiume, si recò alle case bianche per avvisare il Sandonà che tutto era già pronto per l\'esecuzione, ma mancavano soltanto i suoi ordini. Il Sandonà, pregato da varie donne, tra le quali si trovava anche la signora Borghi Letizia, abitante a Torre Maina (case bianche), di avere pietà per il sacerdote il quale nulla aveva fatto di male, diede al milite il seguente ordine: \"Siccome trattasi di un sacerdote buono, dategli due fucilate nella testa così non lo farete soffrire\". La signora Borghi Letizia, udito quell\'ordine, si inginocchiò addirittura davanti al Sandonà, supplicandolo di non permettere che si compisse un crimine del genere. Egli chiamò allora indietro il milite, sussurrandogli qualcosa sottovoce, dimodoché nessuno dei presenti poté udire. Ad ogni modo, il prete non fu fucilato, ma soltanto sottoposto a minacce, oltraggi ed altri maltrattamenti. In quel triste 11 aprile 1945 a Torre Maina furono uccise malvagiamente ben sette persone. Interrogato il Sandonà e contestategli le innumerevoli accuse, ha ammesso di aver partecipato al rastrellamento di Torre Maina come semplice milite, di aver denunziato l\'avv. Favini Maurizio, ma ha negato ogni altro affebito, asserendo fra l\'altro di non aver mai avuto il grado di tenente o indossato uniforme militare. Ha aggiunto inoltre che la quasi totalità di denunce a suo carico sono prive di fondamento e che esse sono state presentate per rancori personali, generati dal fatto che egli ha abbandonato, sebbene contro la propria volontà, le file partigiane. Naturalmente il Sandonà cerca di difendersi nel miglior modo che può, dimenticando che dal giorno in cui diventò l\'agente dell\'UPI non ebbe pietà per nessuno e l\'11 aprile 1945 non si accontentò della uccisione di sette persone, ma cercò ancora affannosamente altri elementi partigiani fra cui un certo Gimmi, Ramberga, Severi e tanti altri, gridando ad alta voce \"dove sono ora quei valorosi? Voglio bere il sangue di colui che fece condannare il mio amico Mario Zironi\". Ravvisando nei fatti suesposti la responsabilità del delitto di collaborazionismo contro la difesa dello Stato, si denuncia il Sandonà in istato di arresto a codesta Corte di Assise per i provvedimenti di legge”.

    Note procedimento Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci. 1. Primo Grado: “[La corte] dichiara Galli Gino, Nespoli Antonio, Piva Bruno, Sacchetti Renato colpevoli del reato di collaborazionismo a loro ascritto nonché del delitto di omicidio aggravato continuato, il Galli inoltre, di quello di rapina aggravata continuata, e concessa l’attenuante dell’art. 62 bis C.P., condanna ciascuno di essi alla pena dell’ergastolo, con accessori di legge, il Galli in più della multa di £5000, tutti alla confisca dei beni, al pagamento in solido delle spese processuali; il Piva anche al risarcimento dei danni a favore di Luppi Silvio costituito parte civile, liquidati, secondo la richiesta in lire una, nonché alle spese di assistenza e costituzione in £10.096. Dichiara Ragni Amanzio colpevole di collaborazionismo punibile ai sensi dell’art. 58 CP MG nonché di furto aggravato continuato, e concesse le attenuanti dell’art. 62 bis C.P. per ambedue dell’art. 114 C.P. per il primo reato, lo condanna alla pena di anni sei di reclusione £2000 di multa, inoltre alla confisca nella misura di un terzo dei beni, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed al pagamento delle spese in solido con gli altri. Dichiara condonate in anni trenta di reclusione la pena dell’ergastolo, nella misura di anni cinque quella detentiva inflitta al Ragni ed interamente le pene pecuniarie. Dichiara non doversi procedere nei confronti di Sacchetti Guido, Geraci Calogero per essere estinto il reato causa amnistia, e ne ordina la scarcerazione se non detenuti per altro motivo. Modena, 27 marzo 1947.” 2. Sentenza 1/3/1949 CASSAZIONE: sostituisce alla pena dell’ergastolo inflitta a Sacchetti, quella di 30 anni di reclusione. Annulla la sentenza a) nei riguardi di Nespoli per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante di cui all’art. 112 CP per l’omicidio e per errore nella determinazione della pena. b) nei confronti di Galli Gino e Piva Bruno per difetto di motivazione sulla ritenuta aggravante della crudeltà e per errore nella determinazione della pena. Rigetta nel resto e rinvia la causa alla Corte di Assise di Perugia per il nuovo giudizio sui punti oggetto di annullamento nei riguardi del Nespoli, Galli e Piva. Modena, 9/5/1949 f. Ferrari. 3. Sentenza 26/4/1950 CORTE DI ASSISE IN PERUGIA: determina la pena per l’omicidio aggravato pel numero delle persone ed in concorso delle attenuanti generiche, e continuato, in anni 24 di reclusione ed aperto il cumulo con la pena di anni 30 di reclusione inflitta al Nespoli, al Galli ed al Piva per collaborazionismo militare determina in anni 30 di reclusione la pena complessiva da espiarsi da ciascuno dei 3 imputati assorbita in detta pena anche quella della reclusione inflitta al Galli per la rapina. Condanna gli imputati stessi in solido, al pagamento delle spese processuali, escluse quelle del giudizio di Cassazione. Dichiara condonati anni 21 di reclusione e le multe irrogate [sic] per la rapina a favore del detenuto Galli Gino. Modena, 27/8/1951, f. Pirolo. DECLARATORIA 14/11/1952: dichiara condizionalmente condonata la residua pena di anni 1 di reclusione inflitta al Ragni Amanzio. Modena, 25/11/1952, f. Pirolo.

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto Ufficio Politico Investigativo/42. Comando militare provinciale/GNR di Modena

  • Artico Sandonà

    Nome Artico

    Cognome Sandonà

    Ruolo nella strage Delatore

    Note responsabile Nato a Pravisdomini (UD) il 4 aprile 1923, figlio di fu Guido e Matilde Marinato, residente a Villa Santa (Milano). Non aderisce alla RSI, ma si arruola nella TODT e partecipa all’organizzazione militare dell’occupazione tedesca. All’inizio di luglio del 1944 si allontana dal reparto e trova riparo nel modenese, dove cerca di entrare in contatto con i partigiani delle colline di Maranello. “Arruolato nel SK (Guardie Armate) dell\'OT, si è allontanato arbitrariamente fin dal 5 luglio 1944 ed è ricercato per furto e doppia fuga. Il ricercato, forse in possesso di documenti falsi, può presentarsi sia in divisa, sia in borghese, perciò si aggiunge la sua fotografia. In caso di arresto si prega di consegnarlo alla Feldgendarmerie o al Presidio tedesco del luogo e di avvisarne subito il Comando mittente. Il Sandonà fu segnalato l\'ultima volta il 3/8/1944 a Mirandola e il 4 o 5/8/1944 a Modena, dove ha molte relazioni avendo condotto vita lussuosa”. I furti e i comportamenti controversi dei quali si macchia nella breve esperienza partigiana lo costringono ad allontanarsi anche dalle formazioni della Resistenza per evitare le punizioni dei capi. “Il Sandonà, in seguito alla predetta circolare, il giorno 11 agosto 1944, veniva arrestato dagli Agenti dell\'allora Questura Repubblicana di Modena e consegnato all\'ufficio politico investigativo della GNR a disposizione del Maggiore Gasparini. Questo zelante dirigente del tristemente ricordato UPI della GNR, prima di consegnarlo alla Feldgendarmerie, volle sapere da lui qualche cosa di preciso sul movimento partigiano nella zona pedemontana, dove il Sandonà si rifugiò e prese contatti con i partigiani stessi, dopo il suo allontanamento dal reparto tedesco. Poiché l\'ex-milite tedesco e partigiano d\'occasione, durante la sua breve permanenza nella zona partigiana commise varie malefatte di cui si farà cenno più avanti, dovette subire la meritata punizione inflittagli dai capi del movimento e quindi per vendicarsi non esitò un solo istante per riferire quanto era a lui noto”. “Il Maggiore Gasperini non poteva però perdere un elemento così solerte e quindi si fece subito promotore per liberarlo dal campo di concentramento di Fossoli dove trovavasi in attesa di essere avviato in Germania. Il tentativo non fu vano, perché il Sandonà venne rilasciato dai tedeschi e arruolato quale agente effettivo presso l\'Ufficio Politico Investigativo della GNR di Modena. Il suddetto diventò allora l\'elemento più fidato dell\'UPI. Non risparmiò più nessuno; segnalò ai suoi superiori ogni piccolo particolare osservato o sentito nel periodo della sua permanenza in zona partigiana”. -------------- Verbale del Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci, in ASMO CAS (1946) – Nespoli, Piva, Galli, Sacchetti e altri – CAS MO. “[Renato Sacchetti, Antonio Nespoli e Bruno Piva sono accusati] per aver l\'11-4-1945 i primi due assieme ad elementi dell\'UPI ed il Piva capeggiando elementi dell\'OP proceduto con tedeschi ad un rastrellamento a Torre Maina durante il quale furono arrestati ed uccisi partigiani, saccheggiate e distrutte tre case e due incendiate”. ---------- Questura di Modena, Denuncia contro Artico Sandonà, in ASMO CAS (1946) – Sandonà – CAS MO. “Ma il completamento della triste attività del Sandonà è il rastrellamento dell\'11 aprile 1944 [recte 1945] in località di Torre Maina e dintorni. In quell\'occasione egli dirigeva l\'operazione per la sua conoscenza del luogo e delle persone. Il Sandonà, che indossava gradi da tenente, è stato denunciato da varie persone residenti in quella località. Cavedoni Maria Teresa in Severi, di Lorenzo e di Pezzuoli Maria, nata a Maranello il 30 agosto 1912, denuncia il Sandonà per averle perquisita la casa impossessandosi di un anello d\'oro, una collana di corallo, una volpe argentata, un apparecchio radio, due biciclette, una sveglia, vari capi di biancheria, scarpe da uomo, indumenti personali e procedendo altresì all\'arresto, dopo averlo schiaffeggiato e percosso, il marito di lei [sic]. Denuncia infine che il Sandonà non è completamente estraneo alla demolizione della sua casa fatta saltare mediante lo scoppio di una mina. Gibertini Fernando fu Faustino e Olivieri Luigia, nato a Maranello l\'11 settembre 1888, residente a Torre Maina di Maranello, accusa il Sandonà di essere responsabile del maltrattamento usatogli dai militi da lui comandati in occasione del rastrellamento operato. Gibertini Elena di Ferdinando, nata a Maranello il 24 giugno 1920, residente in località Torre Maina (Maranello), asserisce di aver conosciuto il Sandonà Artico quando costui frequentava Torre Maina come partigiano e di averlo visto nuovamente il giorno 11 aprile 1945 in occasione del rastrellamento. Verso le ore 6.30 del mattino, il predetto Sandonà si presentava in casa sua, esigendo da lei e dai suoi genitori la consegna immediata del fratello Elvino e delle sue armi. Poiché sia lei che i genitori risposero di non conoscere il recapito del ricercato e di essere privi di sue notizie, a tale risposta il Sandonà diede loro alcuni minuti di tempo onde riflettere circa la richiesta da lui fatta, allontanandosi successivamente in direzione di casa rossa per procedere all\'arresto di un certo Capitano. Trascorso il termine anzicennato [sic], si presentarono in casa cinque o sei militi, i quali, come il loro comandante, chiesero di Elvino, ma poiché costui ebbe la possibilità di nascondersi tempestivamente, i predetti procedettero all\'arresto del padre, dopo averlo violentemente percosso, conducendolo nei pressi del fiume Tiepido per fucilarlo. Il Gibertini poté essere salvato grazie all\'intervento di alcune povere donne, che invocarono insistentemente i militi di desistere dal loro proposito. Don Orlandi Giuseppe, parroco di Torre Maina, denuncia il Sandonà per avere, in occasione del rastrellamento, saccheggiato la Canonica e dichiara inoltre di essere stato prelevato in canonica stessa e condotto nei pressi del fiume Tiepido per essere fucilato. Uno dei militi che lo scortavano, giunti nei pressi del fiume, si recò alle case bianche per avvisare il Sandonà che tutto era già pronto per l\'esecuzione, ma mancavano soltanto i suoi ordini. Il Sandonà, pregato da varie donne, tra le quali si trovava anche la signora Borghi Letizia, abitante a Torre Maina (case bianche), di avere pietà per il sacerdote il quale nulla aveva fatto di male, diede al milite il seguente ordine: \"Siccome trattasi di un sacerdote buono, dategli due fucilate nella testa così non lo farete soffrire\". La signora Borghi Letizia, udito quell\'ordine, si inginocchiò addirittura davanti al Sandonà, supplicandolo di non permettere che si compisse un crimine del genere. Egli chiamò allora indietro il milite, sussurrandogli qualcosa sottovoce, dimodoché nessuno dei presenti poté udire. Ad ogni modo, il prete non fu fucilato, ma soltanto sottoposto a minacce, oltraggi ed altri maltrattamenti. In quel triste 11 aprile 1945 a Torre Maina furono uccise malvagiamente ben sette persone. Interrogato il Sandonà e contestategli le innumerevoli accuse, ha ammesso di aver partecipato al rastrellamento di Torre Maina come semplice milite, di aver denunziato l\'avv. Favini Maurizio, ma ha negato ogni altro affebito, asserendo fra l\'altro di non aver mai avuto il grado di tenente o indossato uniforme militare. Ha aggiunto inoltre che la quasi totalità di denunce a suo carico sono prive di fondamento e che esse sono state presentate per rancori personali, generati dal fatto che egli ha abbandonato, sebbene contro la propria volontà, le file partigiane. Naturalmente il Sandonà cerca di difendersi nel miglior modo che può, dimenticando che dal giorno in cui diventò l\'agente dell\'UPI non ebbe pietà per nessuno e l\'11 aprile 1945 non si accontentò della uccisione di sette persone, ma cercò ancora affannosamente altri elementi partigiani fra cui un certo Gimmi, Ramberga, Severi e tanti altri, gridando ad alta voce \"dove sono ora quei valorosi? Voglio bere il sangue di colui che fece condannare il mio amico Mario Zironi\". Ravvisando nei fatti suesposti la responsabilità del delitto di collaborazionismo contro la difesa dello Stato, si denuncia il Sandonà in istato di arresto a codesta Corte di Assise per i provvedimenti di legge”.

    Note procedimento Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci. 1. Primo Grado: “[La corte] dichiara Galli Gino, Nespoli Antonio, Piva Bruno, Sacchetti Renato colpevoli del reato di collaborazionismo a loro ascritto nonché del delitto di omicidio aggravato continuato, il Galli inoltre, di quello di rapina aggravata continuata, e concessa l’attenuante dell’art. 62 bis C.P., condanna ciascuno di essi alla pena dell’ergastolo, con accessori di legge, il Galli in più della multa di £5000, tutti alla confisca dei beni, al pagamento in solido delle spese processuali; il Piva anche al risarcimento dei danni a favore di Luppi Silvio costituito parte civile, liquidati, secondo la richiesta in lire una, nonché alle spese di assistenza e costituzione in £10.096. Dichiara Ragni Amanzio colpevole di collaborazionismo punibile ai sensi dell’art. 58 CP MG nonché di furto aggravato continuato, e concesse le attenuanti dell’art. 62 bis C.P. per ambedue dell’art. 114 C.P. per il primo reato, lo condanna alla pena di anni sei di reclusione £2000 di multa, inoltre alla confisca nella misura di un terzo dei beni, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed al pagamento delle spese in solido con gli altri. Dichiara condonate in anni trenta di reclusione la pena dell’ergastolo, nella misura di anni cinque quella detentiva inflitta al Ragni ed interamente le pene pecuniarie. Dichiara non doversi procedere nei confronti di Sacchetti Guido, Geraci Calogero per essere estinto il reato causa amnistia, e ne ordina la scarcerazione se non detenuti per altro motivo. Modena, 27 marzo 1947.” 2. Sentenza 1/3/1949 CASSAZIONE: sostituisce alla pena dell’ergastolo inflitta a Sacchetti, quella di 30 anni di reclusione. Annulla la sentenza a) nei riguardi di Nespoli per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante di cui all’art. 112 CP per l’omicidio e per errore nella determinazione della pena. b) nei confronti di Galli Gino e Piva Bruno per difetto di motivazione sulla ritenuta aggravante della crudeltà e per errore nella determinazione della pena. Rigetta nel resto e rinvia la causa alla Corte di Assise di Perugia per il nuovo giudizio sui punti oggetto di annullamento nei riguardi del Nespoli, Galli e Piva. Modena, 9/5/1949 f. Ferrari. 3. Sentenza 26/4/1950 CORTE DI ASSISE IN PERUGIA: determina la pena per l’omicidio aggravato pel numero delle persone ed in concorso delle attenuanti generiche, e continuato, in anni 24 di reclusione ed aperto il cumulo con la pena di anni 30 di reclusione inflitta al Nespoli, al Galli ed al Piva per collaborazionismo militare determina in anni 30 di reclusione la pena complessiva da espiarsi da ciascuno dei 3 imputati assorbita in detta pena anche quella della reclusione inflitta al Galli per la rapina. Condanna gli imputati stessi in solido, al pagamento delle spese processuali, escluse quelle del giudizio di Cassazione. Dichiara condonati anni 21 di reclusione e le multe irrogate [sic] per la rapina a favore del detenuto Galli Gino. Modena, 27/8/1951, f. Pirolo. DECLARATORIA 14/11/1952: dichiara condizionalmente condonata la residua pena di anni 1 di reclusione inflitta al Ragni Amanzio. Modena, 25/11/1952, f. Pirolo.

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto Ufficio Politico Investigativo/42. Comando militare provinciale/GNR di Modena

  • Bruno Piva

    Nome Bruno

    Cognome Piva

    Ruolo nella strage Collaboratore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Nato a Spilamberto (MO) il 3 maggio 1907, figlio di Angelo e Regina Rossi, latitante, contumace. Comandante della Compagnia per l’Ordine Pubblico del 42° Comando Provinciale GNR di Modena, in contatto diretto con l’Ufficio Politico Investigativo della RSI. ---------- Verbale del Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci, in ASMO CAS (1946) – Nespoli, Piva, Galli, Sacchetti e altri – CAS MO. “[Renato Sacchetti, Antonio Nespoli e Bruno Piva sono accusati] per aver l\'11-4-1945 i primi due assieme ad elementi dell\'UPI ed il Piva capeggiando elementi dell\'OP proceduto con tedeschi ad un rastrellamento a Torre Maina durante il quale furono arrestati ed uccisi partigiani, saccheggiate e distrutte tre case e due incendiate”. ---------- Questura di Modena, Denuncia contro Artico Sandonà, in ASMO CAS (1946) – Sandonà – CAS MO. “Ma il completamento della triste attività del Sandonà è il rastrellamento dell\'11 aprile 1944 [recte 1945] in località di Torre Maina e dintorni. In quell\'occasione egli dirigeva l\'operazione per la sua conoscenza del luogo e delle persone. Il Sandonà, che indossava gradi da tenente, è stato denunciato da varie persone residenti in quella località. Cavedoni Maria Teresa in Severi, di Lorenzo e di Pezzuoli Maria, nata a Maranello il 30 agosto 1912, denuncia il Sandonà per averle perquisita la casa impossessandosi di un anello d\'oro, una collana di corallo, una volpe argentata, un apparecchio radio, due biciclette, una sveglia, vari capi di biancheria, scarpe da uomo, indumenti personali e procedendo altresì all\'arresto, dopo averlo schiaffeggiato e percosso, il marito di lei [sic]. Denuncia infine che il Sandonà non è completamente estraneo alla demolizione della sua casa fatta saltare mediante lo scoppio di una mina. Gibertini Fernando fu Faustino e Olivieri Luigia, nato a Maranello l\'11 settembre 1888, residente a Torre Maina di Maranello, accusa il Sandonà di essere responsabile del maltrattamento usatogli dai militi da lui comandati in occasione del rastrellamento operato. Gibertini Elena di Ferdinando, nata a Maranello il 24 giugno 1920, residente in località Torre Maina (Maranello), asserisce di aver conosciuto il Sandonà Artico quando costui frequentava Torre Maina come partigiano e di averlo visto nuovamente il giorno 11 aprile 1945 in occasione del rastrellamento. Verso le ore 6.30 del mattino, il predetto Sandonà si presentava in casa sua, esigendo da lei e dai suoi genitori la consegna immediata del fratello Elvino e delle sue armi. Poiché sia lei che i genitori risposero di non conoscere il recapito del ricercato e di essere privi di sue notizie, a tale risposta il Sandonà diede loro alcuni minuti di tempo onde riflettere circa la richiesta da lui fatta, allontanandosi successivamente in direzione di casa rossa per procedere all\'arresto di un certo Capitano. Trascorso il termine anzicennato [sic], si presentarono in casa cinque o sei militi, i quali, come il loro comandante, chiesero di Elvino, ma poiché costui ebbe la possibilità di nascondersi tempestivamente, i predetti procedettero all\'arresto del padre, dopo averlo violentemente percosso, conducendolo nei pressi del fiume Tiepido per fucilarlo. Il Gibertini poté essere salvato grazie all\'intervento di alcune povere donne, che invocarono insistentemente i militi di desistere dal loro proposito. Don Orlandi Giuseppe, parroco di Torre Maina, denuncia il Sandonà per avere, in occasione del rastrellamento, saccheggiato la Canonica e dichiara inoltre di essere stato prelevato in canonica stessa e condotto nei pressi del fiume Tiepido per essere fucilato. Uno dei militi che lo scortavano, giunti nei pressi del fiume, si recò alle case bianche per avvisare il Sandonà che tutto era già pronto per l\'esecuzione, ma mancavano soltanto i suoi ordini. Il Sandonà, pregato da varie donne, tra le quali si trovava anche la signora Borghi Letizia, abitante a Torre Maina (case bianche), di avere pietà per il sacerdote il quale nulla aveva fatto di male, diede al milite il seguente ordine: \"Siccome trattasi di un sacerdote buono, dategli due fucilate nella testa così non lo farete soffrire\". La signora Borghi Letizia, udito quell\'ordine, si inginocchiò addirittura davanti al Sandonà, supplicandolo di non permettere che si compisse un crimine del genere. Egli chiamò allora indietro il milite, sussurrandogli qualcosa sottovoce, dimodoché nessuno dei presenti poté udire. Ad ogni modo, il prete non fu fucilato, ma soltanto sottoposto a minacce, oltraggi ed altri maltrattamenti. In quel triste 11 aprile 1945 a Torre Maina furono uccise malvagiamente ben sette persone. Interrogato il Sandonà e contestategli le innumerevoli accuse, ha ammesso di aver partecipato al rastrellamento di Torre Maina come semplice milite, di aver denunziato l\'avv. Favini Maurizio, ma ha negato ogni altro affebito, asserendo fra l\'altro di non aver mai avuto il grado di tenente o indossato uniforme militare. Ha aggiunto inoltre che la quasi totalità di denunce a suo carico sono prive di fondamento e che esse sono state presentate per rancori personali, generati dal fatto che egli ha abbandonato, sebbene contro la propria volontà, le file partigiane. Naturalmente il Sandonà cerca di difendersi nel miglior modo che può, dimenticando che dal giorno in cui diventò l\'agente dell\'UPI non ebbe pietà per nessuno e l\'11 aprile 1945 non si accontentò della uccisione di sette persone, ma cercò ancora affannosamente altri elementi partigiani fra cui un certo Gimmi, Ramberga, Severi e tanti altri, gridando ad alta voce \"dove sono ora quei valorosi? Voglio bere il sangue di colui che fece condannare il mio amico Mario Zironi\". Ravvisando nei fatti suesposti la responsabilità del delitto di collaborazionismo contro la difesa dello Stato, si denuncia il Sandonà in istato di arresto a codesta Corte di Assise per i provvedimenti di legge”.

    Note procedimento Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci. 1. Primo Grado: “[La corte] dichiara Galli Gino, Nespoli Antonio, Piva Bruno, Sacchetti Renato colpevoli del reato di collaborazionismo a loro ascritto nonché del delitto di omicidio aggravato continuato, il Galli inoltre, di quello di rapina aggravata continuata, e concessa l’attenuante dell’art. 62 bis C.P., condanna ciascuno di essi alla pena dell’ergastolo, con accessori di legge, il Galli in più della multa di £5000, tutti alla confisca dei beni, al pagamento in solido delle spese processuali; il Piva anche al risarcimento dei danni a favore di Luppi Silvio costituito parte civile, liquidati, secondo la richiesta in lire una, nonché alle spese di assistenza e costituzione in £10.096. Dichiara Ragni Amanzio colpevole di collaborazionismo punibile ai sensi dell’art. 58 CP MG nonché di furto aggravato continuato, e concesse le attenuanti dell’art. 62 bis C.P. per ambedue dell’art. 114 C.P. per il primo reato, lo condanna alla pena di anni sei di reclusione £2000 di multa, inoltre alla confisca nella misura di un terzo dei beni, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed al pagamento delle spese in solido con gli altri. Dichiara condonate in anni trenta di reclusione la pena dell’ergastolo, nella misura di anni cinque quella detentiva inflitta al Ragni ed interamente le pene pecuniarie. Dichiara non doversi procedere nei confronti di Sacchetti Guido, Geraci Calogero per essere estinto il reato causa amnistia, e ne ordina la scarcerazione se non detenuti per altro motivo. Modena, 27 marzo 1947.” 2. Sentenza 1/3/1949 CASSAZIONE: sostituisce alla pena dell’ergastolo inflitta a Sacchetti, quella di 30 anni di reclusione. Annulla la sentenza a) nei riguardi di Nespoli per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante di cui all’art. 112 CP per l’omicidio e per errore nella determinazione della pena. b) nei confronti di Galli Gino e Piva Bruno per difetto di motivazione sulla ritenuta aggravante della crudeltà e per errore nella determinazione della pena. Rigetta nel resto e rinvia la causa alla Corte di Assise di Perugia per il nuovo giudizio sui punti oggetto di annullamento nei riguardi del Nespoli, Galli e Piva. Modena, 9/5/1949 f. Ferrari. 3. Sentenza 26/4/1950 CORTE DI ASSISE IN PERUGIA: determina la pena per l’omicidio aggravato pel numero delle persone ed in concorso delle attenuanti generiche, e continuato, in anni 24 di reclusione ed aperto il cumulo con la pena di anni 30 di reclusione inflitta al Nespoli, al Galli ed al Piva per collaborazionismo militare determina in anni 30 di reclusione la pena complessiva da espiarsi da ciascuno dei 3 imputati assorbita in detta pena anche quella della reclusione inflitta al Galli per la rapina. Condanna gli imputati stessi in solido, al pagamento delle spese processuali, escluse quelle del giudizio di Cassazione. Dichiara condonati anni 21 di reclusione e le multe irrogate [sic] per la rapina a favore del detenuto Galli Gino. Modena, 27/8/1951, f. Pirolo. DECLARATORIA 14/11/1952: dichiara condizionalmente condonata la residua pena di anni 1 di reclusione inflitta al Ragni Amanzio. Modena, 25/11/1952, f. Pirolo.

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto Compagnia Ordine Pubblico/42. Comando militare provinciale/GNR di Modena

  • Renato Sacchetti

    Nome Renato

    Cognome Sacchetti

    Ruolo nella strage Collaboratore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Nato ad Arezzo il 2 novembre 1916, figlio di Silvio e Nella Fantoni, residente ad Arezzo, comandante del nucleo dell’UPI che rivolgeva le proprie attenzioni verso l’esterno. Non è provato il coinvolgimento materiale nell’episodio, ma la partecipazione di uomini dell’UPI agli atti di violenza lo inserisce nelle indagini come promotore dell’ordine o, quantomeno, responsabile indiretto. ----------- Verbale del Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci, in ASMO CAS (1946) – Nespoli, Piva, Galli, Sacchetti e altri – CAS MO. “[Renato Sacchetti, Antonio Nespoli e Bruno Piva sono accusati] per aver l\'11-4-1945 i primi due assieme ad elementi dell\'UPI ed il Piva capeggiando elementi dell\'OP proceduto con tedeschi ad un rastrellamento a Torre Maina durante il quale furono arrestati ed uccisi partigiani, saccheggiate e distrutte tre case e due incendiate”. ----------- Questura di Modena, Denuncia contro Artico Sandonà, in ASMO CAS (1946) – Sandonà – CAS MO. “Ma il completamento della triste attività del Sandonà è il rastrellamento dell\'11 aprile 1944 [recte 1945] in località di Torre Maina e dintorni. In quell\'occasione egli dirigeva l\'operazione per la sua conoscenza del luogo e delle persone. Il Sandonà, che indossava gradi da tenente, è stato denunciato da varie persone residenti in quella località. Cavedoni Maria Teresa in Severi, di Lorenzo e di Pezzuoli Maria, nata a Maranello il 30 agosto 1912, denuncia il Sandonà per averle perquisita la casa impossessandosi di un anello d\'oro, una collana di corallo, una volpe argentata, un apparecchio radio, due biciclette, una sveglia, vari capi di biancheria, scarpe da uomo, indumenti personali e procedendo altresì all\'arresto, dopo averlo schiaffeggiato e percosso, il marito di lei [sic]. Denuncia infine che il Sandonà non è completamente estraneo alla demolizione della sua casa fatta saltare mediante lo scoppio di una mina. Gibertini Fernando fu Faustino e Olivieri Luigia, nato a Maranello l\'11 settembre 1888, residente a Torre Maina di Maranello, accusa il Sandonà di essere responsabile del maltrattamento usatogli dai militi da lui comandati in occasione del rastrellamento operato. Gibertini Elena di Ferdinando, nata a Maranello il 24 giugno 1920, residente in località Torre Maina (Maranello), asserisce di aver conosciuto il Sandonà Artico quando costui frequentava Torre Maina come partigiano e di averlo visto nuovamente il giorno 11 aprile 1945 in occasione del rastrellamento. Verso le ore 6.30 del mattino, il predetto Sandonà si presentava in casa sua, esigendo da lei e dai suoi genitori la consegna immediata del fratello Elvino e delle sue armi. Poiché sia lei che i genitori risposero di non conoscere il recapito del ricercato e di essere privi di sue notizie, a tale risposta il Sandonà diede loro alcuni minuti di tempo onde riflettere circa la richiesta da lui fatta, allontanandosi successivamente in direzione di casa rossa per procedere all\'arresto di un certo Capitano. Trascorso il termine anzicennato [sic], si presentarono in casa cinque o sei militi, i quali, come il loro comandante, chiesero di Elvino, ma poiché costui ebbe la possibilità di nascondersi tempestivamente, i predetti procedettero all\'arresto del padre, dopo averlo violentemente percosso, conducendolo nei pressi del fiume Tiepido per fucilarlo. Il Gibertini poté essere salvato grazie all\'intervento di alcune povere donne, che invocarono insistentemente i militi di desistere dal loro proposito. Don Orlandi Giuseppe, parroco di Torre Maina, denuncia il Sandonà per avere, in occasione del rastrellamento, saccheggiato la Canonica e dichiara inoltre di essere stato prelevato in canonica stessa e condotto nei pressi del fiume Tiepido per essere fucilato. Uno dei militi che lo scortavano, giunti nei pressi del fiume, si recò alle case bianche per avvisare il Sandonà che tutto era già pronto per l\'esecuzione, ma mancavano soltanto i suoi ordini. Il Sandonà, pregato da varie donne, tra le quali si trovava anche la signora Borghi Letizia, abitante a Torre Maina (case bianche), di avere pietà per il sacerdote il quale nulla aveva fatto di male, diede al milite il seguente ordine: \"Siccome trattasi di un sacerdote buono, dategli due fucilate nella testa così non lo farete soffrire\". La signora Borghi Letizia, udito quell\'ordine, si inginocchiò addirittura davanti al Sandonà, supplicandolo di non permettere che si compisse un crimine del genere. Egli chiamò allora indietro il milite, sussurrandogli qualcosa sottovoce, dimodoché nessuno dei presenti poté udire. Ad ogni modo, il prete non fu fucilato, ma soltanto sottoposto a minacce, oltraggi ed altri maltrattamenti. In quel triste 11 aprile 1945 a Torre Maina furono uccise malvagiamente ben sette persone. Interrogato il Sandonà e contestategli le innumerevoli accuse, ha ammesso di aver partecipato al rastrellamento di Torre Maina come semplice milite, di aver denunziato l\'avv. Favini Maurizio, ma ha negato ogni altro affebito, asserendo fra l\'altro di non aver mai avuto il grado di tenente o indossato uniforme militare. Ha aggiunto inoltre che la quasi totalità di denunce a suo carico sono prive di fondamento e che esse sono state presentate per rancori personali, generati dal fatto che egli ha abbandonato, sebbene contro la propria volontà, le file partigiane. Naturalmente il Sandonà cerca di difendersi nel miglior modo che può, dimenticando che dal giorno in cui diventò l\'agente dell\'UPI non ebbe pietà per nessuno e l\'11 aprile 1945 non si accontentò della uccisione di sette persone, ma cercò ancora affannosamente altri elementi partigiani fra cui un certo Gimmi, Ramberga, Severi e tanti altri, gridando ad alta voce \"dove sono ora quei valorosi? Voglio bere il sangue di colui che fece condannare il mio amico Mario Zironi\". Ravvisando nei fatti suesposti la responsabilità del delitto di collaborazionismo contro la difesa dello Stato, si denuncia il Sandonà in istato di arresto a codesta Corte di Assise per i provvedimenti di legge”.

    Note procedimento Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci. 1. Primo Grado: “[La corte] dichiara Galli Gino, Nespoli Antonio, Piva Bruno, Sacchetti Renato colpevoli del reato di collaborazionismo a loro ascritto nonché del delitto di omicidio aggravato continuato, il Galli inoltre, di quello di rapina aggravata continuata, e concessa l’attenuante dell’art. 62 bis C.P., condanna ciascuno di essi alla pena dell’ergastolo, con accessori di legge, il Galli in più della multa di £5000, tutti alla confisca dei beni, al pagamento in solido delle spese processuali; il Piva anche al risarcimento dei danni a favore di Luppi Silvio costituito parte civile, liquidati, secondo la richiesta in lire una, nonché alle spese di assistenza e costituzione in £10.096. Dichiara Ragni Amanzio colpevole di collaborazionismo punibile ai sensi dell’art. 58 CP MG nonché di furto aggravato continuato, e concesse le attenuanti dell’art. 62 bis C.P. per ambedue dell’art. 114 C.P. per il primo reato, lo condanna alla pena di anni sei di reclusione £2000 di multa, inoltre alla confisca nella misura di un terzo dei beni, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed al pagamento delle spese in solido con gli altri. Dichiara condonate in anni trenta di reclusione la pena dell’ergastolo, nella misura di anni cinque quella detentiva inflitta al Ragni ed interamente le pene pecuniarie. Dichiara non doversi procedere nei confronti di Sacchetti Guido, Geraci Calogero per essere estinto il reato causa amnistia, e ne ordina la scarcerazione se non detenuti per altro motivo. Modena, 27 marzo 1947.” 2. Sentenza 1/3/1949 CASSAZIONE: sostituisce alla pena dell’ergastolo inflitta a Sacchetti, quella di 30 anni di reclusione. Annulla la sentenza a) nei riguardi di Nespoli per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante di cui all’art. 112 CP per l’omicidio e per errore nella determinazione della pena. b) nei confronti di Galli Gino e Piva Bruno per difetto di motivazione sulla ritenuta aggravante della crudeltà e per errore nella determinazione della pena. Rigetta nel resto e rinvia la causa alla Corte di Assise di Perugia per il nuovo giudizio sui punti oggetto di annullamento nei riguardi del Nespoli, Galli e Piva. Modena, 9/5/1949 f. Ferrari. 3. Sentenza 26/4/1950 CORTE DI ASSISE IN PERUGIA: determina la pena per l’omicidio aggravato pel numero delle persone ed in concorso delle attenuanti generiche, e continuato, in anni 24 di reclusione ed aperto il cumulo con la pena di anni 30 di reclusione inflitta al Nespoli, al Galli ed al Piva per collaborazionismo militare determina in anni 30 di reclusione la pena complessiva da espiarsi da ciascuno dei 3 imputati assorbita in detta pena anche quella della reclusione inflitta al Galli per la rapina. Condanna gli imputati stessi in solido, al pagamento delle spese processuali, escluse quelle del giudizio di Cassazione. Dichiara condonati anni 21 di reclusione e le multe irrogate [sic] per la rapina a favore del detenuto Galli Gino. Modena, 27/8/1951, f. Pirolo. DECLARATORIA 14/11/1952: dichiara condizionalmente condonata la residua pena di anni 1 di reclusione inflitta al Ragni Amanzio. Modena, 25/11/1952, f. Pirolo.

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto Ufficio Politico Investigativo/42. Comando militare provinciale/GNR di Modena

Memorie

Memorie legate a questa strage

  • monumento a Navicello

    Tipo di memoria: monumento

    Ubicazione: Navicello

    Descrizione: I fratelli Onelio e Giuseppe Pini sono ricordati nel monumento di Navicello.

Bibliografia


Ermanno Gorrieri, La repubblica di Montefiorino, Bologna, Il Mulino, 1970.
Claudio Silingardi, Una provincia partigiana, Milano, Franco Angeli, 1998, pp. 609-620.
Ilva Vaccari, Dalla parte della libertà, Santa Sofia di R., Stab. Tip. dei Comuni per COOP Estense, 1999, pag. 613.

Sitografia


http://www.istitutostorico.com/app-modena900/index.html#/memorial/36
http://www.istitutostorico.com/app-modena900/index.html#/person/314
http://www.istitutostorico.com/app-modena900/index.html#/person/315
http://emilia-romagna.anpi.it/modena/calendario/1945_04.html
https://sites.google.com/site/sentileranechecantano/schede/antifascismo-e-lotta-di-liberazione/le-stragi-nazifasciste/elenco-analitico-in-ordine-cronologico-delle-stragi-compiute-in-italia-dai-reparti-tedeschi
http://emilia-romagna.anpi.it/modena/archivio_res/febbraio_03/art_16_01_03.htm

Fonti archivistiche

Fonti

Questura di Modena, Denuncia contro Artico Sandonà, in ASMO CAS (1946) – Sandonà – CAS MO.
Processo della Corte d’Assise sezione Speciale di Modena contro Gino Galli, Antonio Nespoli, Bruno Piva, Renato Sacchetti, Giulio Sacchetti, Amanzio Ragni e Calogero Geraci, in ASMO CAS (1946) – Nespoli, Piva, Galli, Sacchetti e altri – CAS MO.
BA-MA, RH 26-114/41.