CA DI MARTINO DI SORBANO SARSINA 28.09.1944

(Forlì-Cesena - Emilia-Romagna)

Descrizione

Località Ca’ di Martino di Sorbano, Sarsina, Forlì-Cesena, Emilia-Romagna

Data 28 settembre 1944

Matrice strage Nazista

Numero vittime 10

Numero vittime uomini 10

Numero vittime uomini adulti 10

Descrizione: Nel settembre 1944 il rapido spostamento del fronte portò l’8ª brigata Garibaldi Romagna a preparare la discesa verso Forlì e Cesena, da un lato per aprire la strada agli Alleati, dall’altro per raggiungere le due città prima delle truppe britanniche così da presentare i partigiani come liberatori autonomi dell’Italia. Nel corso dello spostamento, i paesi e i centri abitati tra l’Appennino e la pianura dovevano essere progressivamente presi dalle forze partigiane. Il III battaglione della brigata si portò verso Santa Sofia (FC), il IV a San Piero in Bagno (FC) e il II battaglione della brigata ricevette l’ordine di portarsi a Sarsina (FC) e di occupare la cittadina da cui i tedeschi si erano allontanati, restando però nelle vicinanze e colpendo con l’artiglieria il centro abitato. La sera del 26 settembre per esempio un violento cannoneggiamento investì Sarsina e sei persone persero la vita. Si trattava di Wally Cortesi, Vittorio Bartolini, Adolfo Raggi, Enea Rossi, Emilio Locatelli, Fabio Riceputi (o Riciputi). I partigiani giunsero a Sarsina tra il 26 e il 27 settembre e all’alba del 27 un gruppo di resistenti si scontrò con una pattuglia tedesca. Si ebbero solo due feriti per parte; i tedeschi si allontanarono e nel pomeriggio del 27 tutti i partigiani del II battaglione entrarono in paese rassicurando la popolazione sul prossimo arrivo dei britannici che erano vicini. In serata giunse però la notizia che gli inglesi non sarebbero entrati a Sarsina il giorno dopo perché i tedeschi avevano distrutto un tratto di strada che conduceva a Sarsina per impedire l’avanzata alleata. Secondo gli ordini ricevuti, i partigiani avrebbero dovuto entrare a Sarsina e restarvi, difendendo la cittadina fino all’arrivo degli Alleati, ma il II battaglione non era sufficientemente equipaggiato e preparato per organizzare una difesa statica della cittadina, né era in grado di resistere ai cannoneggiamenti dell’artiglieria tedesca che tirava su Sarsina. I partigiani lasciarono quindi Sarsina e si ritirarono a Valbiano, a pochi chilometri di distanza.
Il 28 settembre 1944 all’alba circa trenta tedeschi appartenenti alla 114ª Jäger Division entrarono a Sarsina e iniziarono a rastrellare l’abitato per radunare la popolazione; inoltre diedero fuoco ad alcune case. I civili che non potevano camminare e quelli che tentarono di fuggire furono uccisi dai tedeschi: fu il caso di Antonio Rossi, ucciso mentre cercava di fuggire attraverso i tetti, di Armando Gori e Antonio Santucci, freddati davanti alle rispettive abitazioni, di Giuseppe Giovanardi che si era nascosto all’interno della Casa del fascio e che fu scoperto e ucciso, e di Giuseppe Bosi, infermo, che fu ucciso da un militare mentre la moglie, che aveva cercato inutilmente di spiegare al tedesco che il marito non poteva alzarsi dal letto, era uscita a cercare aiuto. I tedeschi concentrarono gli abitanti di Sarsina nella piazza centrale dove radunarono anche le persone che si trovavano nel duomo per pregare, proteggersi da eventuali scontri e rastrellamenti e per assistere i feriti e vegliare le salme dei morti nel cannoneggiamento tedesco del 26 settembre. Quando iniziò a piovere, su richiesta di monsignor Francesco Comandini, lasciarono entrare donne e bambini nel duomo, ma trattennero sulla piazza circa 80 uomini. Poi ordinarono a Comandini di dire ai civili che le case di Sarsina erano state incendiate perché il giorno precedente era stato ferito un tedesco e che se altri tedeschi fossero stati feriti vi sarebbe stata una rappresaglia. Secondo alcune versioni i tedeschi minacciarono di uccidere l’intera popolazione; secondo altre, invece, fu detto ai civili rimasti nel duomo che gli uomini erano stati presi per lavorare per i tedeschi e che sarebbero stati uccisi in caso di ulteriori attacchi contro i tedeschi. I nazisti fecero mettere gli uomini rimasti sulla piazza in una colonna che avviarono in marcia verso Sorbano. A chiudere la colonna era Pio Benvenuti, cui i tedeschi fecero portare una cassa di granate. Tra gli uomini incolonnati vi era Antonio Francioni che era rimasto ferito a un braccio e a una gamba nel cannoneggiamento del 26 settembre ed era stato portato nel duomo; quando Francioni non riuscì più a camminare, un tedesco gli ordinò di sedersi sul ciglio della strada e, mentre sfilava la colonna, un altro tedesco gli sparò alla testa, uccidendolo. A un chilometro e mezzo circa dal centro di Sarsina in località Ca’ di Martino i tedeschi fecero fermare gli uomini, ne scelsero in un primo momento 14, a cui poco dopo ne aggiunsero altri due, che fecero allineare sul ciglio della strada: si trattava di uomini giovani che avrebbero potuto essere attivi come partigiani. I tedeschi lasciarono andare gli altri (tranne Pio Benvenuti che fu trattenuto per essere testimone della fucilazione dei suoi concittadini), non senza averli minacciati ripetendo il messaggio già fatto comunicare a Comandini in piazza. I tedeschi piazzarono una mitragliatrice e aprirono il fuoco sui 16 uomini: nove di loro (Antonio Canu, Angelo Faggi, Gino Neri, Edgardo Rossi, Giuseppe Rossi, Rovigo Serra, Alberto Toni, Alfredo Verecondi, Verecondo Verecondi) morirono subito; Antonio Catalano restò ferito gravemente e morì poche ore dopo; Antonio Righi, pure ferito, fu ricoverato presso l’ospedale di Arezzo; si salvarono gettandosi giù dalla scarpata Sergio Belli, Tullio Beltrami, Ettore Sami e Giuseppe Tosi e Odoardo Ricchi che si buttò a terra e si finse morto. Eseguita la fucilazione i tedeschi fecero rotolare i cadaveri per la scarpata e se ne andarono. Giunti in località Montepetra dove si erano insediati, liberarono Pio Benvenuti.

Modalità di uccisione: fucilazione

Tipo di massacro: rappresaglia
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Estremi e note penali: La 114ª Jäger Division perpetrò altre stragi in Italia tra cui quelle di Filetto di Camarda (AQ) (7 giugno 1944), Onna (AQ) (11 giugno 1944), Gubbio (PG) (22 giugno 1944) e in Emilia-Romagna, dove la divisione fu responsabile fra l’altro della strage di Madonna dell’Albero (RA) del 27 novembre 1944.
- Inchiesta dello Special Investigation Branch britannico svolta tra l’ottobre e il dicembre del 1944. Il fascicolo fu trasmesso al governo italiano nel 1946 e poi passò alla procura militare generale, la quale lo insabbiò con molti altri mediante l’archiviazione provvisoria. Dopo il ritrovamento dei fascicoli del cosiddetto “armadio della vergogna” tra il 1994 e il 1995, la documentazione su Sarsina passò alla procura militare di La Spezia che la archiviò definitivamente.

Annotazioni: Episodi collegati:
Episodio di Sarsina (FC), 28 settembre 1944.

Scheda compilata da ROBERTA MIRA
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-03-11 16:18:22

Vittime

Elenco vittime

- Canu Antonio, di Sassari, anni 31, avendo lasciato i carabinieri si nascondeva a Sarsina (FC). Carabiniere.
- Catalano Antonio, di Sarsina (FC), anni 26. Civile.
- Faggi Angelo, di Sarsina (FC), anni 33, bracciante. Civile.
- Neri Gino, di Cesena, anni 16, sfollato. Civile.
- Rossi Edgardo, residente a Sarsina (FC), anni 19. Civile.
- Rossi Giuseppe, di Sorbano (FC), anni 20. Il 28 settembre 1944 si trovava a Sarsina nel duomo con la madre e il padre che era rimasto ferito il 26 settembre 1944. Civile.
- Serra Rovigo, residente a Sarsina (FC), anni 23, bracciante. Civile.
- Toni Alberto, nato a Sarsina (FC) il 29/01/1906. Riconosciuto partigiano dal 01/12/1943 al 28/09/1944.
- Verecondi Alfredo, di Arezzo, anni 31, impiegato dell’Istituto nazionale assicurazioni. Fratello di Verecondo. Sfollato nell’Aretino e poi in Romagna a causa dei bombardamenti su Arezzo e delle evacuazioni ordinate dai tedeschi, il 26 settembre 1944 stava tornando in Toscana con i suoi familiari, ma si fermò a Sarsina a casa di Livio Suzzi e fu coinvolto nel rastrellamento. Civile.
- Verecondi Verecondo, di Arezzo, anni 35, assistente architetto. Fratello di Alfredo. Sfollato nell’Aretino e poi in Romagna a causa dei bombardamenti su Arezzo e delle evacuazioni ordinate dai tedeschi, il 26 settembre 1944 decise di tornare a casa con la famiglia, ma si fermò a Sarsina a casa di Livio Suzzi e fu coinvolto nel rastrellamento. Civile.

Elenco vittime civili 8

Catalano Antonio,
Faggi Angelo,
Neri Gino,
Rossi Edgardo,
Rossi Giuseppe,
Serra Rovigo,
Verecondi Alfredo,
Verecondi Verecondo

Elenco vittime partigiani 1

Toni Alberto

Elenco vittime carabinieri 1

Canu Antonio

Responsabili o presunti responsabili

Elenco reparti responsabili


114. Jäger-Division

Tipo di reparto: Wehrmacht
Appartenenza: Heer Wehrmacht

Memorie

Memorie legate a questa strage

  • monumento a Sarsina (FC), parco comunale lungo la strada del Savio

    Tipo di memoria: monumento

    Ubicazione: Sarsina (FC), parco comunale lungo la strada del Savio

    Descrizione: Stele che ricorda i civili uccisi per rappresaglia e i civili morti per cause di guerra; nel primo elenco compaiono i nominativi di Giuseppe Bosi, Antonio Catalano, Angelo Faggi, Giuseppe Giovanardi, Armando Gori, Gino Neri, Antonio Rossi, Edgardo Rossi, Giuseppe Rossi, Antonio Santucci, Rovigo Serra, Alberto Toni; nel secondo Vittorio Bartolini, Emilio Locatelli, Adolfo Raggi, Fabio Riciputi e Enea Rossi.

  • lapide a Sarsina (FC), loggiato del palazzo comunale

    Tipo di memoria: lapide

    Ubicazione: Sarsina (FC), loggiato del palazzo comunale

    Descrizione: Lapide che ricorda i caduti di Sarsina nella lotta di liberazione posta nel 1954.

  • lapide a Sarsina (FC), loggiato del palazzo comunale

    Tipo di memoria: lapide

    Ubicazione: Sarsina (FC), loggiato del palazzo comunale

    Descrizione: Lapide con la motivazione dell’assegnazione della croce al valor militare a Sarsina nel 1958.

  • lapide a Sarsina (FC), chiesa del cimitero

    Tipo di memoria: lapide

    Ubicazione: Sarsina (FC), chiesa del cimitero

    Descrizione: Lapide che ricorda la strage del 28 settembre 1944 senza i nomi delle vittime.

  • lapide a Sarsina (FC), cimitero

    Tipo di memoria: lapide

    Ubicazione: Sarsina (FC), cimitero

    Descrizione: Lapide che ricorda come vittime della rappresaglia tedesca del 28 settembre Vittorio Bartolini (morto in seguito ai tiri dell’artiglieria tedesca su Sarsina del 26 settembre 1944), Giuseppe Bosi, Antonio, Canu, Antonio Catalano, Antonio Francioni, Giuseppe Giovanardi, Armando Gori, Edgardo Rossi, Enea Rossi (morto in seguito ai tiri dell’artiglieria tedesca su Sarsina del 26 settembre 1944), Giuseppe Rossi, Rovigo Serra e Antonio Quaranta sul quale non abbiamo informazioni.

  • lapide a Sarsina (FC), cimitero

    Tipo di memoria: lapide

    Ubicazione: Sarsina (FC), cimitero

    Descrizione: Lapide sul muro interno che ricorda Antonio Catalano, Antonio Francioni, Giuseppe Giovanardi, Rovigo Serra e Giuseppe Rossi tra gli uccisi del 28 settembre 1944 a Sarsina e a Ca’ di Martino; sulla lapide sono ricordati anche i nomi di alcune delle persone morte in seguito al cannoneggiamento tedesco su Sarsina del 26 settembre 1944: Vittorio Bartolini (nato il 06/08/1930), Wally Cortesi (nata il 04/04/1928), Enea Rossi (nato il 22/11/1887).

  • luogo della memoria a Sorbano (FC), chiesa Beato Massimiliano Kolbe

    Tipo di memoria: luogo della memoria

    Ubicazione: Sorbano (FC), chiesa Beato Massimiliano Kolbe

    Descrizione: Dipinto di Mario Pesarini che rappresenta la fucilazione di Ca’ di Martino (1993).

  • cippo a Sorbano Ca’ di Martino

    Tipo di memoria: cippo

    Ubicazione: Sorbano Ca’ di Martino

    Descrizione: Cippo che ricorda i dieci uomini uccisi sul luogo della strage.

  • monumento a Sorbano (FC), parco Caduti della Libertà

    Tipo di memoria: monumento

    Ubicazione: Sorbano (FC), parco Caduti della Libertà

    Descrizione: Statua di Ilario Fioravanti dedicata ai caduti per la libertà.

Bibliografia


- Vladimiro Flamigni, Massimo Scarani, Sarsina 28 settembre 1944. La rappresaglia tedesca nei documenti dello Special Investigation Branch, presentazione di Lorenzo Cappelli, Il Pontevecchio, Cesena, 2009.
- Carlo Gentile, I crimini di guerra tedeschi in Italia. 1943-1945, Einaudi, Torino, 2015, pp. 396-397.
- Antonio Mambelli, Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945, a cura di Dino Mengozzi, Lacaita, Manduria-Bari-Roma, 2003, vol. II, pp. 913-914, 919-920, 1531-1532.
- Adler Raffaelli, Guerra e Liberazione. Romagna 1943-1945. Storiografia, Epigrafia, vol. II, Epigrafia, Comitato regionale per le celebrazioni del 50° anniversario della Resistenza e della liberazione Emilia-Romagna, Bologna, 1995, pp. 38-40, 42.

Sitografia


- Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Università di Bologna, database dei partigiani dell’Emilia-Romagna:
http://www.storia-culture-civilta.unibo.it/it/biblioteca/fondi-1/partigiani
(schede relative alla provincia di Forlì, ad nomen; sono presenti Armando Gori, Giuseppe Bosi, Alberto Toni tra le vittime e Tullio Beltrami e Antonio Righi fra coloro che si salvarono).

- Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea della provincia di Forlì-Cesena, elenco dei caduti partigiani:
http://www.istorecofc.it/caduti-formazioni-partigiane2.asp
(ad nomen; sono presenti Armando Gori, Giuseppe Bosi, Alberto Toni).

Fonti archivistiche

Fonti

- AISRFC, Eccidi, b. 10, fasc. Sarsina.
- AISPER, Fondo Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause dell’occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti (Armadio della vergogna), 4 Docc. consegnati maggio 2009, 44/1, ff. 349-351, Legione territoriale dei carabinieri reali di Bologna, Gruppo di Forlì, Militari dell’Arma uccisi dai nazi-fascisti, 08/05/1946 e allegati Elenco nominativo dei militari dell’Arma uccisi dai nazi-fascisti e dichirazione di Gonaria Meloni su Antonio Canu, 28/04/1946.
CPI, 16/165; 16/169.