RAVENNA 03.11.1944

(Ravenna - Emilia-Romagna)

Descrizione

Località Ravenna, Ravenna, Ravenna, Emilia-Romagna

Data 3 novembre 1944

Matrice strage Fascista

Numero vittime 1

Numero vittime uomini 1

Numero vittime uomini adulti 1

Descrizione: Nell'autunno inoltrato del 1944, i brigatisti neri ravennati si trasformano da persecutori in fuggitivi, mentre la Wehrmacht, in ritirata, estende la guerra ai civili. Per quel che concerne le Brigate Nere, il loro ripiegamento verso Nord inizia il 26 ottobre e risulta concluso alla fine del mese successivo. Le prime ad andarsene sono quelle di Lugo di Romagna e, stando a un rapporto del 29 novembre, stilato dal questore Guidi Guido, con l'allontanamento delle BN dalla provincia, la situazione politica ravennate torna tranquilla. Tuttavia già si prevede che in seguito alla dichiarazione di «zona di guerra», l'occupazione tedesca porti quantomeno a nuove requisizioni.
Se è vero che i fascisti non sono più presenti ad indicare ai nazisti le possibili vittime per le rappresaglie, è altresì vero che la loro funzione non è più richiesta perché la necessità di mantenere le aree dietro al fronte libere da impedimenti legittima i soldati tedeschi a sparare a vista. Questo mutamento è ben chiaro anche ai partigiani dato che del centinaio di azioni compiute nel mese di novembre, una gran parte riguarda l’attività esplorativa di reparti del «Garavini» che dalle frazioni liberate compiono puntate in quelle ancora occupate dai tedeschi, mentre un’altra parte riguarda l’attività di recupero di materiali: pochissimi gli attacchi a truppe tedesche. In questo mese i nazisti compiono eccidi di partigiani ancora nell'ambito di rastrellamenti in prossimità del fronte, ma anche vere proprie stragi di intere famiglie. L'incalzare degli Alleati si fa sentire. Nelle zone montane di Riolo Terme il passaggio di cacciabombardieri che sempre più spesso mitragliano, spezzonano automezzi in marcia e bombardano luoghi strategici, fanno pensare che a breve Riolo Terme sarà liberata. Molte famiglie si rifugiano sulle colline.

Il 29 novembre la questura di Ravenna annuncia l’uccisione di Mario Montanari senza aver dubbi sulla sua ragione politica:

«Nello stesso giorno fu soppresso il rag. Mario Montanari detto “figlio della Rocca”. Quest’ultimo, pur non essendo violento, era considerato un avversario politico fastidioso: è stato trovato ucciso in Ravenna».

Le motivazioni dell’omicidio restano, tuttavia, poco chiare. Sergio Morigi sa che deve catturare il ragioniere Montanari per interrogarlo su Romeo Piccinini, brigatista dalle opinioni dissidenti.
Per compiere questa operazione ed altre, alcuni brigatisti che erano già ripiegati a Nord, circa 15, sono costretti a ritornare a Ravenna su ordine del federale Montanari. Il rientro di parte della brigata nera, il 3 novembre, sembra rispondere a fini vendicativi.
La squadra giunge a Ravenna di notte e si ferma alcune ore nei locali della federazione. Andreani decide di procedere alla cattura di Mario Montanari.
Sono circondate e perquisite le case del macellaio Cimatti e del ragionier Montanari. Questo, all’arrivo dei brigatisti, si è rifugiato sul tetto, ma non vedendo via di fuga ed essendo stato minacciato l’incendio della sua casa, dopo circa un quarto d’ora scende e si presenta: «Se cercate me, sono qui». Sergio Morigi gli ingiunge di togliersi le scarpe, secondo la consuetudine seguita dalla brigata nera per i condannati a morte. Circondato dai militi tra i quali Mazzotti, Casalboni, Morelli, Amato, e Morigi, viene accompagnato oltre Porta Garibaldi, all’inizio del viale che conduce ai giardini pubblici. Alcune raffiche di mitra e Mario muore.
La morte di Mario non conclude la ricerca dei brigatisti che si rivolge a Ferruccio Cimatti, incolpato di aver dato rifugio a Montanari ma che, pur professando idee socialiste, si è sempre e risaputamente astenuto da qualsiasi attività politica. Cimatti che poco prima ha trasportato nella sua abitazione la salma del ragioniere Montanari, intuisce di essere ricercato e riesce a sottrarsi alle indagini. Fugge da Ravenna, restando assente per un mese, fino alla liberazione. Nello stesso giorno dopo le 6.45, Andreani con Arcieri, Capanna e Bravetti si presentano all’abitazione del maggiore Giovanni Zanotti, impiegato al distretto militare. Zanotti aveva manifestato l’intenzione di sfrattare la famiglia di Arcieri cui aveva affittato una casa. Tuttavia, venuto però a conoscenza del rientro di una squadra della brigata nera si era nascosto fuggendo alla vendetta di Arcieri.

Modalità di uccisione: fucilazione

Tipo di massacro: rastrellamento
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Estremi e note penali: Mazzotti Adelmo, imputato di reato di collaborazionismo per aver [oltretutto], in correità con altri e con premeditazione, agendo per fine fascista, causato la morte volontariamente di Montanari Mario, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 5/03/46 la corte lo giudica colpevole dei reati ascrittigli escluso quello del presente capo di imputazione e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina che la sentenza sia pubblicata per estratto e per una sola volta nel Giornale dell’Emilia di Bologna. Ordina infine la confisca dei beni del condannato. La Corte di Cassazione con sentenza 10.7.46 annulla la suestesa sentenza per difetto di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato per concorso nell’omicidio di Montanari Mario e sull’eccidio del Ponte degli Allocchi, nonché in ordine alle (…) esclusioni delle attenuanti generiche ed alla disposta confisca dei beni e rinvia il giudizio su tali punti alla Corte di Assise di Ancona sez. speciale; annulla senza rinvio la sentenza stessa in quanto ha ritenuto (…) per i reati di omicidio l’aggravante della premeditazione. Rigetta sul resto il ricorso del Mazzotti.

Morelli Agostino, imputato di reato di collaborazionismo per aver [oltretutto] partecipato alla cattura e uccisione del rag. Montanari Mario. Con sentenza del 23/04/46 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina la pubblicazione della sentenza per estratto e per una volta nel Giornale dell’Emilia di Bologna e nella Voce di Romagna di Ravenna. Ordina la confisca dei beni del condannato. La Corte di Cassazione con sentenza 27.7.46 annullava la suestesa sentenza per difetto di motivazione sulla natura ed entità dell’opera di collaborazione svolta dall’imputato e rinviava la causa per nuovo esame alla sezione speciale della Corte d’Assise di Bologna.

Morigi Sergio, imputato di reato di collaborazionismo per aver [oltretutto] avere, in correità con altri, causato con premeditazione la morte per fine fascista di Montanari Mario allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 20/07/1945 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e quindi lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena. Ordina che l’esito della presente sia affisso nel comune di Ravenna e pubblicato nel giornale ‘democrazia’ di Ravenna. Esecuzione avvenuta alle ore 6 del 12 ottobre 1945 nel recinto del tiro a segno Nazionale, via Dall’Aggio di Ravenna, giunta comunicazione del PM n. 24 CP in data 12.10.45.

Andreani Giacomo, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver ordinato l'uccisione di Mario Montanari. Con sentenza del 18/02/1947 la corte lo giudica colpevole di collaborazionismo sia politico che militare nonché di delitti di omicidio aggravati dalla premeditazione e da futili motivi, oggetto del capo d’imputazione e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena oltre alle conseguenze di legge. Dispone la confisca totale dei beni. Con declaratoria di questo tribunale in data 23/01/1954 all’Andreani Giacomo veniva commutata la pena di morte in quella della reclusione per anni 10 per il resto di cui alla stessa sentenza. Con declaratoria 29/09/1959 a favore di Andreani Giacomo il tribunale di Ravenna veduto il decreto del PR 11/07/1959 n. 460 (art. 1 lett. A) dichiara estinto il reato di cui sopra.

Amato Alberto, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver partecipato alla cattura e uccisione di Montanari rag Mario. Con sentenza del 29/10/46 la corte, pur rilevando il fatto che partecipò alle ricerche di Montanari, dichiara non doversi procedere a carico di Amato Alberto per estinzione del reato per amnistia ed ordina sia revocato il relativo mandato di cattura.

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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-06-04 10:46:37

Vittime

Elenco vittime

Montanari Mario, di 37 anni, ragioniere, di sentimenti socialisti.

Elenco vittime antifasciste 1

Montanari Mario

Responsabili o presunti responsabili

Elenco reparti responsabili


29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna

Tipo di reparto: Brigata Nera

Elenco persone responsabili o presunte responsabili


  • Adelmo Mazzotti

    Nome Adelmo

    Cognome Mazzotti

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Mazzotti Adelmo, imputato di procedimento.

    Note procedimento Mazzotti Adelmo, imputato di reato di collaborazionismo per aver [oltretutto], in correità con altri e con premeditazione, agendo per fine fascista, causato la morte volontariamente di Montanari Mario, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 5/03/46 la corte lo giudica colpevole dei reati ascrittigli escluso quello del presente capo di imputazione e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina che la sentenza sia pubblicata per estratto e per una sola volta nel Giornale dell’Emilia di Bologna. Ordina infine la confisca dei beni del condannato. La Corte di Cassazione con sentenza 10.7.46 annulla la suestesa sentenza per difetto di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato per concorso nell’omicidio di Montanari Mario e sull’eccidio del Ponte degli Allocchi, nonché in ordine alle (…) esclusioni delle attenuanti generiche ed alla disposta confisca dei beni e rinvia il giudizio su tali punti alla Corte di Assise di Ancona sez. speciale; annulla senza rinvio la sentenza stessa in quanto ha ritenuto (…) per i reati di omicidio l’aggravante della premeditazione. Rigetta sul resto il ricorso del Mazzotti.

  • Agostino Morelli

    Nome Agostino

    Cognome Morelli

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Morelli Agostino, imputato di procedimento.

    Note procedimento Morelli Agostino, imputato di reato di collaborazionismo per aver [oltretutto] partecipato alla cattura e uccisione del rag. Montanari Mario. Con sentenza del 23/04/46 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina la pubblicazione della sentenza per estratto e per una volta nel Giornale dell’Emilia di Bologna e nella Voce di Romagna di Ravenna. Ordina la confisca dei beni del condannato. La Corte di Cassazione con sentenza 27.7.46 annullava la suestesa sentenza per difetto di motivazione sulla natura ed entità dell’opera di collaborazione svolta dall’imputato e rinviava la causa per nuovo esame alla sezione speciale della Corte d’Assise di Bologna.

  • Alberto Amato

    Nome Alberto

    Cognome Amato

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Amato Alberto,imputato di procedimento.

    Note procedimento Amato Alberto, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver partecipato alla cattura e uccisione di Montanari rag Mario. Con sentenza del 29/10/46 la corte, pur rilevando il fatto che partecipò alle ricerche di Montanari, dichiara non doversi procedere a carico di Amato Alberto per estinzione del reato per amnistia ed ordina sia revocato il relativo mandato di cattura.

  • Giacomo Andreani

    Nome Giacomo

    Cognome Andreani

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Iscritto al PNF dal 2 giugno 1926, Andreani entrò nel libro paga della federazione per i servizi forniti in qualità di direttore di una società di vigilanza, «società sorta sotto gli auspici della federazione con lo scopo di poter anche fornire delle informazioni di carattere politico». Quando Luciano Rambelli, continuatore della corrente di Giuseppe Frignani prima guida del fascismo ravennate, fu nominato federale nel 1934, lo assunse come guardia del corpo insieme a Leonida Bedeschi per la cui uccisione nell’estate del 1944 fu decisa la strage del ponte degli Allocchi. Il gruppo di cui Rambelli faceva parte resse le sorti della città fino al 1940 quando Ettore Muti, leader della corrente avversa, promosse, in qualità di segretario del PNF, un’ispezione che mise in rilievo le frodi perpetrate per quasi un ventennio da Frignani e i suoi uomini. Mentre Rambelli veniva allontanato dal capoluogo ravennate con una promozione alla presidenza di un consorzio agrario del Lazio e Frignani veniva «invitato a disinteressarsi della situazione politica di Ravenna e a dimettersi da consigliere della locale Cassa di Risparmio», Andreani veniva esonerato dall’ufficio che rivestiva presso la federazione. Da allora fino alla costituzione delle squadre d’azione della RSI si appartò completamente dedicandosi al commercio di vini e di acque minerali. Nel periodo in cui Andreani aveva lavorato per Rambelli era divenuto pratico della composizione politica della città e di varie forme di estorsione, tant’è che ancora nel giugno 1941 in una relazione riservata sulla situazione morale e politica della provincia si ricordavano quegli anni come un «fenomeno di gangsterismo politico». Andreani, che negli anni Trenta aveva provveduto alla schedatura di tutti gli iscritti al fascio ravennate, aveva contemporaneamente prodotto schedari, il cui impianto e aggiornamento era stato reso possibile mediante la collaborazione dell’ufficio anagrafe, «dei comunisti, degli antifascisti e dei non iscritti in genere con tutte le indicazioni concernenti l’attività, le vicende, le abitudini, le punizioni, i precedenti penali, ecc… Dato l’ascendente (chiamiamolo così) che Andreani aveva sulla popolazione di Ravenna e provincia non si può negare che la sua scelta nell’organizzazione dei veglioni e delle lotterie sia stata felice. Infatti tutti si premuravano di rispondere sollecitamente agli inviti e nessun biglietto rimaneva invenduto!». Montefusco, autore dell’ispezione del 1940 aveva riscontrato che Andreani aveva gestito al di fuori della federazione l’organizzazione di veglioni mascherati a favore delle opere assistenziali di cui la federazione si faceva promotrice. Andreani emetteva ricevute personali e solitamente registrava a fine operazione un avanzo tra incassi e spese di poco più di mille lire. Non era dunque possibile stabilire la correttezza delle operazioni ma di certo la procedura non era legale. Quando Grazioli fu nominato capo della provincia, Andreani, come molti altri della “vecchia guardia”, riguadagnò potere e con l’istituzione delle BN un ruolo di comando di fatto. La scelta di Andreani, alla luce di quanto ricostruito, non era dunque solo legata alla sua esperienza del tessuto sociale del capoluogo. Andreani era un uomo sicuro per chi avesse voluto compiere azioni illegali e abusi di potere. Dopo il trasferimento a Ferrara, Andreani portò con sé gran parte del “bottino” recuperato nei giorni precedenti la fuga. Si trasferì con la brigata in un primo momento a Nogara dove stazionò per circa due mesi. Nel gennaio 1945 si spostò a Orgiano e nel marzo 1945 un’ultima volta a Intra fino alla completa disfatta dell’esercito nazista e fascista. Prima della disfatta riuscì a fuggire tant’è che fu processato in contumacia e condannato alla pena di morte il 18 febbraio 1947. Con declaratoria del 23 gennaio 1954 il tribunale di Ravenna gli commutò la pena di morte in quella della reclusione per 10 anni e con declaratoria del 29 settembre 1959 il suo reato fu dichiarato estinto. Andreani fu espressione di una gruppo di brigatisti che aveva già espresso la sua propensione all’uso della violenza e della frode durante il regime. Nato nel 1906, Andreani aveva già quasi 40 anni quando fu posto al comando di fatto della BN ravennate, mentre completamente altra fu l’esperienza dei comandanti della BN di Lugo, Massa Lombarda e Faenza.

    Note procedimento Andreani Giacomo, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver ordinato l\'uccisione di Mario Montanari. Con sentenza del 18/02/1947 la corte lo giudica colpevole di collaborazionismo sia politico che militare nonché di delitti di omicidio aggravati dalla premeditazione e da futili motivi, oggetto del capo d’imputazione e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena oltre alle conseguenze di legge. Dispone la confisca totale dei beni. Con declaratoria di questo tribunale in data 23/01/1954 all’Andreani Giacomo veniva commutata la pena di morte in quella della reclusione per anni 10 per il resto di cui alla stessa sentenza. Con declaratoria 29/09/1959 a favore di Andreani Giacomo il tribunale di Ravenna veduto il decreto del PR 11/07/1959 n. 460 (art. 1 lett. A) dichiara estinto il reato di cui sopra.

    Tipo di reparto fascista Brigata Nera

    Nome del reparto 29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna

  • Gino Casalboni

    Nome Gino

    Cognome Casalboni

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Casalboni Gino, considerato correo, fu giustiziato a Castellana il 26 aprile 1946 come ne fa fede il certificato di morte.

  • Sergio Morigi

    Nome Sergio

    Cognome Morigi

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile Morigi Sergio, nato in Ravenna nel 1917 ed ivi cresciuto, avviato dapprima al mestiere paterno di barbiere, divenne poi fattorino ed infine impiegato privato, ma dimostratosi fin dall’adolescenza discolo, violento, dedito all’ozio, non trovò mai una stabile occupazione. Dopo il luglio 1943, mentre si trovava sottoposto a procedimento penale per diserzione militare, passò nelle formazioni partigiane svolgendo la propria attività, per oltre quattro mesi, nelle montagne del faentino e dimostrandosi uno dei più accaniti nella lotta contro i tedeschi e contro i fascisti. Ma nella primavera successiva, spinto unicamente da egoistico tornaconto personale, passò dalla parte opposta, mettendo la sua opera a disposizione delle organizzazioni politiche e militari della sedicente repubblica sociale e, suo primo atto, fu quello di approfittare ignobilmente, seguendo i suoi perversi sentimenti, delle stesse relazioni contratte durante la precedente attività per identificare e far catturare gli esponenti maggiori del Comitato di liberazione nazionale. Dal giugno al novembre 1944, l’attività del Morigi trovò un campo d’azione meglio adatto al suo temperamento. In detta epoca militò attivamente nelle squadre d’azione prima e nella brigata nera poi che agivano agli ordini della federazione fascista repubblicana e, pur nella veste di semplice gregario, tanto si distinse per ferocia in ogni azione da acquisire particolare ascendente sui compagni e triste notorietà nella popolazione.

    Note procedimento Morigi Sergio, imputato di reato di collaborazionismo per aver [oltretutto] avere, in correità con altri, causato con premeditazione la morte per fine fascista di Montanari Mario allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 20/07/1945 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e quindi lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena. Ordina che l’esito della presente sia affisso nel comune di Ravenna e pubblicato nel giornale ‘democrazia’ di Ravenna. Esecuzione avvenuta alle ore 6 del 12 ottobre 1945 nel recinto del tiro a segno Nazionale, via Dall’Aggio di Ravenna, giunta comunicazione del PM n. 24 CP in data 12.10.45.

Memorie

Memorie legate a questa strage

  • cippo a via di Roma, Ravenna

    Tipo di memoria: cippo

    Ubicazione: via di Roma, Ravenna

    Descrizione: Cippo posto a Ravenna, presso Porta Nuova in via di Roma.

Bibliografia


P. Scalini, La notte più buia é prima dell’alba (Ravenna 1944-1945), Galeati, Imola, 1975, pp. 189-190.

G. Casadio La memoria della Resistenza nelle iscrizioni dei cippi, lapidi e monumenti della provincia di Ravenna, Longo Editore, Ravenna, 1995, vol. 1, p. 40.

E. Cavina, Crimini di guerra e violenza nazifascista nella provincia di Ravenna tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, tesi di dottorato di ricerca in Storia e Informatica - XVI Ciclo, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, a.a. 2003-2004, prima parte pp. 100-110, seconda parte p. 102.

S. Carnoli, E. Andreini, Camicie nere di Ravenna e Romagna, tra oblio e castigo, ebook, consultabile online su Google libri, p. 94.

Sitografia


Fonti archivistiche

Fonti

ACS, MI, DGPS, DAG, AG, RSI, b. 6, fasc. 52, relazione del 29 novembre 1944 della questura di Ravenna.

ATRA, Sentenze Csa e Ca Sez. Speciale 1945-1947, sent. 18/02/47 n. 203 a carico di Giacomo Andreani; sent. 29/10/46 n. 162 a carico di Alberto Amato; sent. 25/03/46 n. 93 a carico di Mazzotti Delmo; sent. 23/04/46 n. 71 a carico di Morelli Agostino; sent. 20/07/45 n. 17 a carico di Morigi Sergio.

ASRA, GQ, Categoria A1, b. 3, fasc. Ronchi Aldo, dichiarazione del 10 ottobre 1945 di Adelmo Mazzotti.