CHIOPRIS-VISCONE, 15.02.1945

(Udine - Friuli-Venezia Giulia)

Descrizione

Località Chiopris-Viscone, Chiopris-Viscone, Udine, Friuli-Venezia Giulia

Data 15 febbraio 1945 - 4 marzo 1945

Matrice strage Fascista

Numero vittime 2

Numero vittime uomini 2

Numero vittime uomini adulti 2

Descrizione: Enrico Causi e Firmino Zorzenon, entrambi di Fogliano di Redipuglia, erano stati arrestati il 15 febbraio del 1945 a seguito di un rastrellamento effettuato da parte dei militi di stanza presso la Caserma “Piave di Palmanova” nella zona tra Ronchi, Aquileia e Gradisca d’Isonzo. Il rastrellamento era stato piuttosto violento, portando all’arresto di diverse decine di persone, all’uccisione durante le operazioni di sette partigiani e alla devastazione di numerose abitazioni, i cui proprietari vennero anche costretti a subire pestaggi ed interrogatori. I due, condotti come altri in un primo momento presso la Caserma della Guardia di Finanza di Aquileia, vennero da subito picchiati e torturati con lo scopo di ottenere informazioni sui loro compagni e sulla dislocazione di armi. Portati successivamente alla Caserma “Piave” di Palmanova, ne sarebbero usciti solamente il 4 di marzo, quando vennero ritrovati uccisi in località Chiopris-Viscone. Privi delle scarpe e dei documenti d’identità, i loro corpi vennero ritrovati dai Carabinieri di Palmanova, che avrebbero sporto denuncia contro ignoti. Sui cadaveri il medico legale avrebbe segnalato la presenza di numerose ecchimosi ed escoriazioni prodotte da corpi contunde
Durante il rastrellamento che portò all’arresto di Zorzenon e Causi vennero uccisi durante tre scontri a fuoco sette partigiani. Ad essere identificati furono però solamente due, Umberto Medeossi “Boris” e Aldo Novatti “Spaccatutto”.

Modalità di uccisione: fucilazione

Violenze connesse: furto e-o saccheggio

Tipo di massacro: rastrellamento
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Estremi e note penali: Non è possibile risalire ai nominativi specifici degli autori materiali della fucilazione e delle torture, anche se è indubbio il coinvolgimento nei fatti della “Banda Ruggiero”, la quale non solo partecipò al rastrellamento che causò l’arresto dei due partigiani ma anche alle numerose fucilazioni che ebbero luogo nelle settimane precedenti in tutta la Bassa Friulana.
La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione.
Il centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo.
A testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre.
Il centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.
Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen.
Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse.
Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni.
Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin.
Tribunale competente:
Corte d’Assise Straordinaria di Udine

Scheda compilata da Irene Bolzon
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-06-20 11:20:50

Vittime

Elenco vittime

Enrico Causi “Raffaele”, di Domenico e Furlan Clementina, nato a Fogliano di Redipuglia il 20.7.1906, ivi residente, partigiano.
Firmino (o Erminio) Zorzenon “Deo”, di Antonio e Cechet Antonia, nato a Fogliano di Redipuglia il 20.9.1903, ivi residente, partigiano.

Elenco vittime partigiani 2

Causi Enrico \"Raffaele\"
Firminio (Erminio) Zorzenon \"Deo\"

Responsabili o presunti responsabili

Elenco reparti responsabili


Memorie
Bibliografia


Irene Bolzon, Repressione antipartigiana in Friuli. La Caserma “Piave” di Palmanova e i processi del dopoguerra, Kappa Vu, Udine, 2012.
Alberto Buvoli, Franco Cecotti e Luciano Patat (a cura di), Atlante storico della lotta di liberazione italiana nel Friuli Venezia Giulia. Una resistenza di confine 1943-1945, IRSML, IFSML, Istlib Pordenone, Centro Isontino di Ricerca Leopoldo Gasparini, Trieste-Udine-Pordenone-Gradisca, 2005.
Giovanni Angelo Colonnello, Guerra di liberazione: Friuli Venezia Giulia e zone jugoslave, Editrice Friuli,
Udine, 1965.
Bruno Steffè, La lotta antifascista nel basso Friuli e nell’Isontino, Vangelista, Milano, 1975.

Sitografia


Fonti archivistiche

Fonti

AS Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen.