MORSANO, STRADA STATALE, CASTIONS DI STRADA, 21.02.1945

(Udine - Friuli-Venezia Giulia)

Descrizione

Località Morsano, Castions di Strada, Udine, Friuli-Venezia Giulia

Data 12 febbraio 1945

Matrice strage Fascista

Numero vittime 3

Numero vittime uomini 3

Numero vittime uomini adulti 3

Descrizione: William Tomini era da tempo ricercato dal servizio informazioni del Centro di Repressione Antipartigiana presso la Caserma “Piave” di Palmanova, in quanto attivo partigiano garibaldino. Remigio Rebez e altri uomini della “Banda Ruggiero” avevano più volte arrestato suo padre e fatto irruzione nell’abitazione della sua famiglia, razziando armi alla mano la cantina e la dispensa. In una data imprecisata del mese di dicembre Tomini venne però catturato e condotto presso le celle della Caserma, dove sarebbe stato più volte sottoposto a tremende torture. Osvaldo Lucchini invece era stato arrestato assieme al fratello e suo padre nella notte tra il 26 e il 17 dicembre durante un rastrellamento effettuato dagli uomini della Milizia di Difesa Territoriale di Palmanova nella frazione di Fauglis, comune di Gonars. I tre erano stati arrestati perché un informatore locale li aveva denunciati per aver tentato di estorcere una damigiana di vino ad un contadino di Bagnaria Arsa. Dopo essersi visti devastare la casa, i tre vennero condotti alla Caserma “Piave”, dove vennero torturati. Il fratello di Osvaldo, Pietro, sarebbe stato rilasciato, suo padre Giuseppe venne invece deportato in Germania. Sergio Canciani era invece uno studente che aveva aderito alle formazioni garibaldine. Rimasto a terra, ferito, dopo uno scontro a fuoco con un milite repubblicano che aveva poi ucciso, era stato trovato da Rebez e condotto all’Ospedale di Palmanova per ricevere cure. Ancora convalescente venne portato alla Caserma e qui varie volte seviziato con l’obiettivo di fargli confessare i nomi dei compagni. La sera del 12 febbraio i tre vennero caricati su una camionetta da parte di alcuni componenti della “Banda Ruggiero” e fucilati sulla statale Castions di Strada-Morsano. I loro cadaveri, abbandonati sulla strada, vennero rinvenuti dalla polizia locale, che ne dispose il seppellimento.

Modalità di uccisione: fucilazione

Violenze connesse: furto e-o saccheggio

Trattamento dei cadaveri: Esposizione dei cadaveri

Tipo di massacro: punitivo
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Estremi e note penali: Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen.
Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse.
Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni.
Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin.
Tribunale competente:
Corte d’Assise Straordinaria di Udine

Scheda compilata da Irene Bolzon
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-06-20 11:13:34

Vittime

Elenco vittime

William Tomini “Trovarisc”, di Armando e Picco Matilde, nato a Gradisca di Sedegliano il 27.9.1920, residente a Talmassons, partigiano.
Sergio Canciani, di Francesco e Moro Roma, nato a Pozzuolo il 17.11.1926, ivi residente, partigiano.
Osvaldo Lucchini, di Giuseppe e Schneider Maria, nato a Sauris il 2.3.1914, residente a Gonars, partigiano.

Elenco vittime partigiani 3

Canciani Sergio,
Lucchini Osvaldo,
Tomini William “Trovarisc”

Responsabili o presunti responsabili

Elenco reparti responsabili


Elenco persone responsabili o presunte responsabili


  • Alessandro Munaretto

    Nome Alessandro

    Cognome Munaretto

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione. Il centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo. A testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre. Il centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.

    Note procedimento Alcune testimonianze rese al processo dai genitori delle vittime riportarono che a partecipare alla fucilazione sarebbero stati i militi Alessandro Munaretto, Remigio Rebez, Giacomo Rotigni e Giuseppe Coccolo. Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen. Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse. Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni. Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin. Tribunale competente: Corte d’Assise Straordinaria di Udine

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto 2. compagnia/1. battaglione/5. Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale

  • Giacomo Rotigni

    Nome Giacomo

    Cognome Rotigni

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione. Il centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo. A testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre. Il centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.

    Note procedimento Alcune testimonianze rese al processo dai genitori delle vittime riportarono che a partecipare alla fucilazione sarebbero stati i militi Alessandro Munaretto, Remigio Rebez, Giacomo Rotigni e Giuseppe Coccolo. Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen. Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse. Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni. Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin. Tribunale competente: Corte d’Assise Straordinaria di Udine

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto 2. compagnia/1. battaglione/5. Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale

  • Giuseppe Croccolo

    Nome Giuseppe

    Cognome Croccolo

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione. rnIl centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo. rnA testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre.rnIl centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.

    Note procedimento Alcune testimonianze rese al processo dai genitori delle vittime riportarono che a partecipare alla fucilazione sarebbero stati i militi Alessandro Munaretto, Remigio Rebez, Giacomo Rotigni e Giuseppe Coccolo. rnTribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen. rnIl processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse. rnRuggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni. rnAlessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin. rnTribunale competente:rnCorte d’Assise Straordinaria di Udine

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto 2. compagnia/1. battaglione/5. Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale

  • Remigio Rebez

    Nome Remigio

    Cognome Rebez

    Ruolo nella strage Autore

    Stato imputato in procedimento

    Note responsabile La 2ª compagnia del I Battaglione del V Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale fu operativa all’interno della Caserma “Piave” di Palmanova, che a partire dal settembre del 1944 fino all’aprile del 1945 fu sede di uno dei più grandi centri di repressione antipartigiana della regione. Il centro di repressione era stato concepito dai comandi della SIPO SD di Udine per intervenire sulla situazione della Bassa Friulana, che nella primavera del 1944 aveva vissuto un notevole incremento delle attività partigiane, con l’istituzione di numerose squadre GAP, di un comando unificato tra le formazioni “Garibaldi” e “Osoppo” e dell’Intendenza “Montes”. Si trattò, per l’ampiezza del suo raggio territoriale d’azione, per la sua posizione strategica e per l’imponente attività repressiva condotta sul territorio, del centro di repressione più importante del territorio, assieme all’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza di Trieste, dove fu attiva la “Banda Collotti”. Alla guida del centro venne chiamato nel mese di settembre il comandante Herbert Pakebusch, nazista della prima ora, il quale ne delegò l’organizzazione concreta al tenente Odorico Borsatti, ventiquattrenne originario di Pola, che si trovava al comando di un plotone a cavallo di volontari italiani e tedeschi delle SS. Nel giro di breve tempo il giovane tenente avrebbe messo in piedi un efficiente sistema di funzionamento, caratterizzato da una ramificata rete di informatori e dall’applicazione di feroci torture sui prigionieri catturati, che gli consentì di mettere a segno decine e decine di arresti. A seguito del trasferimento di Borsatti, avvenuto alla fine del mese di novembre, arrivò nel centro un altro reparto, ossia la II compagnia del I battaglione del VI reggimento di Milizia di Difesa Territoriale (ex 63 ª Legione MVSN), costituito da una quarantina di uomini, tutti italiani, e comandato dal capitano Ernesto Ruggiero, napoletano, classe 1905. All’interno di questo gruppo si distinse ben presto un nucleo di una decina di uomini che per la particolare ferocia applicata nei metodi repressivi sia nei confronti delle bande partigiane che della popolazione civile, venne battezzata dalla voce popolare con l’epiteto di “Banda Ruggiero”. Tra di essi i nomi più implicati in fatti di sangue risultano essere quelli di Remigio Rebez (milite della X MAS, già appartenente al Battaglione “Nuotatori Paracadutisti” agli ordini di Nino Buttazzoni che era stato di stanza a Palmanova fino all’autunno del 1944, si era aggregato al gruppo di Ruggiero per continuare l’attività di repressione contro le bande partigiane), Giacomo Rotigni, Alessandro Munaretto, Alessandro Billa, Giuseppe Coccolo, Giovanni Bianco, Quinto Cragno, Giovanni Turrin, Antonio Piccini. I mesi che seguirono avrebbero fatto registrare un incremento delle violenze sia all’interno della Caserma che in tutti i territori della Bassa Friulana compresi tra Codroipo e Monfalcone. Quotidiani i rastrellamenti a danno della popolazione, ai quali seguivano sparatorie, arresti arbitrari e continue razzie. Continue erano anche le fucilazioni arbitrarie dei prigionieri i cui corpi, dopo giorni di torture, venivano abbandonati in mezzo ai campi. Ininterrotte le urla provenienti dall’interno della Caserma, che impedivano all’intero vicinato di trovare tregua e riposo. A testimonianza della imponente attività svolta sul territorio, il centro avrebbe registrato dal novembre 1944 fino ai primi di aprile oltre 500 prigionieri, di cui 113 segnalati come “morti a seguito di tentata fuga” (dicitura dietro alla quale si nascondevano decessi a seguito di torture, maltrattamenti e fucilazioni arbitrarie). I numeri sono tratti da un registro ritrovato all’interno della Caserma nei giorni della Liberazione, ma sono da considerarsi parziali dal momento che non comprendono partigiani e civili seviziati e uccisi durante le operazioni di rastrellamento e che tengono conto degli arresti e dei decessi avvenuti solo a partire dal mese di novembre. Il centro avrebbe cessato la sua attività per volontà dei comandi tedeschi di Udine che, una volta avviata un’inchiesta su quanto stava accadendo nella Bassa Friulana, disposero l’arresto di Ernesto Ruggero e di alcuni dei suoi uomini. La loro responsabilità era quella di aver agito senza rispondere ai comandi superiori della SIPO, provocando un inasprimento dello scontro con le formazioni partigiane e l’atteggiamento ostile dei civili nei confronti dei nazifascisti.

    Note procedimento Alcune testimonianze rese al processo dai genitori delle vittime riportarono che a partecipare alla fucilazione sarebbero stati i militi Alessandro Munaretto, Remigio Rebez, Giacomo Rotigni e Giuseppe Coccolo. Tribunale di Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen. Il processo contro alcuni dei componenti della “Banda Ruggiero” venne celebrato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Udine nel settembre del 1946. Le varie sedute d’udienza si svolsero in un clima molto teso, dato che ad innervosire il pubblico accorso in aula contribuì il comportamento degli imputati, i quali intonarono canti fascisti e si esibirono facendo il saluto romano. Per tali ragioni il giudice fu più volte costretto ad allontanare il pubblico e a continuare l’udienza a porte chiuse. Ruggiero, Rebez e Rotigni (contumace) sarebbero stati condannati alla pena capitale. La pena sarebbe stata commutata nel 1947 in ergastolo e ridotta prima a 20 anni dal decreto di indulto del 9.2.1948 e poi a 19 per effetto di quello del 23.12.1949. Il 12 febbraio del 1954 la Corte d’Assise di Venezia applicò l’amnistia prevista dal decreto presidenziale del 19.12.1953 riducendo ulteriormente la pena a 5 anni. Alessandro Munaretto, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, per effetto degli stessi indulti avrebbe prima ottenuto la decurtazione della pena e poi la libertà vigilata nel 1951, così come Bianco, Cragno e Turrin. Tribunale competente: Corte d’Assise Straordinaria di Udine

    Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana

    Nome del reparto 2. compagnia/1. battaglione/5. Reggimento della Milizia di Difesa Territoriale

Memorie

Memorie legate a questa strage

  • cippo a Morsano, strada per Castions

    Tipo di memoria: cippo

    Ubicazione: Morsano, strada per Castions

    Descrizione: Cippo sulla strada che collega Morsano con Castions di Strada e che ricorda la fucilazione dei tre ragazzi

  • museo a Caserma Piave di Palmanova

    Tipo di memoria: museo

    Ubicazione: Caserma Piave di Palmanova

    Descrizione: Presso la Caserma “Piave” di Palmanova, dove oggi sono ancora visibili quattro delle celle dove venivano eseguiti torture e interrogatori, per iniziativa del Comune, della Provincia di Udine e della Regione Friuli-Venezia Giulia è prevista la realizzazione del Museo Regionale della Resistenza. Nella parte esterna della Caserma è stata inoltre apposta una lapide in ricordo dei caduti riportante l’iscrizione “Qui, entro la cerchia della caserma “Piave” divenuta nel 1944 fino alla liberazione / del 1945, triste strumento di repressione e di morte al servizio dei nazifascisti, / centinaia di patrioti e di ostaggi furono costretti a immani sofferenze e supplizi / conclusisi per molti col martirio e con la morte. // Fra queste mura, uomini liberi e generosi in cospetto a torturatori e carnefici / seppero patire e morire affinché la prepotenza straniera e la oppressione interna / non dovessero più contaminare queste terre. // A monito e ammaestramento delle nuove generazioni // Il comune di Palmanova e l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia.\"Presso la Caserma “Piave” di Palmanova, dove oggi sono ancora visibili quattro delle celle dove venivano eseguiti torture e interrogatori, per iniziativa del Comune, della Provincia di Udine e della Regione Friuli-Venezia Giulia è prevista la realizzazione del Museo Regionale della Resistenza. Nella parte esterna della Caserma è stata inoltre apposta una lapide in ricordo dei caduti riportante l’iscrizione “Qui, entro la cerchia della caserma “Piave” divenuta nel 1944 fino alla liberazione / del 1945, triste strumento di repressione e di morte al servizio dei nazifascisti, / centinaia di patrioti e di ostaggi furono costretti a immani sofferenze e supplizi / conclusisi per molti col martirio e con la morte. // Fra queste mura, uomini liberi e generosi in cospetto a torturatori e carnefici / seppero patire e morire affinché la prepotenza straniera e la oppressione interna / non dovessero più contaminare queste terre. // A monito e ammaestramento delle nuove generazioni // Il comune di Palmanova e l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia.\"

  • commemorazione a

    Tipo di memoria: commemorazione

    Descrizione: La Sezione intercomunale ANPI di Mortegliano, Pozzuolo del Friuli, Talmassons, Castions di Strada, Pavia di Udine organizza ogni anno, in prossimità del 25 aprile, una cerimonia commemorativa che tocca i diversi cimiteri dove sono seppellite le vittime de

Bibliografia


Irene Bolzon, Repressione antipartigiana in Friuli. La Caserma “Piave” di Palmanova e i processi del dopoguerra, Kappa Vu, Udine, 2012.
Alberto Buvoli, Franco Cecotti e Luciano Patat (a cura di), Atlante storico della lotta di liberazione italiana nel Friuli Venezia Giulia. Una resistenza di confine 1943-1945, IRSML, IFSML, Istlib Pordenone, Centro Isontino di Ricerca Leopoldo Gasparini, Trieste-Udine-Pordenone-Gradisca, 2005.

Sitografia


Fonti archivistiche

Fonti

AS Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 76/46 del reg. gen.
AS Udine, Fondo CAS Udine, procedimento n. 4/45 del reg. gen.